Bilancio abbreviato e bilancio delle micro imprese – Novità del DLgs. 139/2015 (documento Fondazione Nazionale Commercialisti 15.1.2016)

Con un documento del 15.1.2016, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha analizzato le disposizioni relative ai bilanci semplificati delle c.d. “piccole società”, cioè le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex art. 2435-bis c.c., e delle micro imprese di cui al nuovo art. 2435-ter c.c., alla luce delle novità introdotte dal DLgs. 139/2015.
Le osservazioni maggiormente interessanti attengono alla decorrenza delle norme in esame.
Richiamando un precedente documento del CNDCEC del novembre 2012, che ha suggerito un’interpretazione prudenziale del dettato normativo, la Fondazione sembra affermare che, qualora una società non abbia superato almeno due delle soglie previste dall’art. 2435-bis c.c. negli esercizi 2014 e 2015, possa applicare le disposizioni relative alle “piccole imprese” a partire dal bilancio 2016.
Altra considerazione di rilievo attiene al carattere facoltativo delle disposizioni in esame. Secondo la Fondazione, infatti, anche nella novellata versione del codice civile, le società di minori dimensioni hanno la facoltà di applicare le semplificazioni previste (o alcune di queste).
Laddove, quindi, le società che rispettano i limiti per la redazione del bilancio in forma abbreviata lo ritenessero opportuno, potrebbero applicare le disposizioni relative al bilancio in forma ordinaria, così come le società che rientrano nella definizione di micro impresa potrebbero applicare le disposizioni relative al bilancio in forma abbreviata.

Semplificazione per la redazione dei bilanci

Dal 1° gennaio scorso, le società di piccole dimensioni e le micro imprese hanno la possibilità di redigere il bilancio in forma semplificata. Le micro imprese, in particolare, possono anche evitare di redigere la nota integrativa se il bilancio integra alcune informazioni inerenti agli impegni, garanzie e passività potenziali, nonché ai crediti e compensi dei sindaci e agli amministratori. Sono queste le indicazioni riassunte, nel documento dello scorso 15 gennaio, dalla Fondazione nazionale dei commercialisti che ha analizzato le novità concernenti la redazione dei bilanci semplificati delle piccole società e delle micro imprese, dopo l’emanazione del dlgs 139/2015.

Assegno di disoccupazione (ASDI) – Novità del DLgs. 22/2015 – Pubblicazione in G.U. del DM 29.10.2015

E’ stato pubblicato in G.U. del 18.1.2016 n. 13 il decreto del Ministero del Lavoro del 29.10.2015, relativo alla disciplina di attuazione dell’ASDI (assegno di disoccupazione introdotto nel nostro ordinamento dal DLgs. 22/2015).
Il decreto prevede:
– che l’Asdi è concesso a tutti i lavoratori ancora disoccupati dopo aver percepito la Naspi, componenti di un nucleo familiare con almeno un minore di 18 anni e con un’età pari o superiore a 55 anni (senza aver maturato i requisiti per la pensione o che abbiano un indicatore Isee pari o inferiore a 5.000 euro);
– l’ammontare dell’assegno, la sua durata e i limiti di compatibilità con i redditi da lavoro.
Per accedere al nuovo sussidio, il richiedente dovrà presentare una domanda di erogazione utilizzando un form on line pubblicato sul sito dell’INPS e, successivamente, recarsi nel servizio competente, nel cui ambito territoriale è stabilita la propria residenza, per la sottoscrizione del progetto personalizzato.
I servizi competenti dovranno poi comunicare la sottoscrizione del progetto personalizzato secondo le modalità definite dal Ministero del Lavoro, entro 15 giorni dall’entrata in vigore del decreto del 29.10.2015, per via telematica, secondo gli standard tecnici e le modalità di trasmissione stabilite nel DM 30.10.2007 (per effettuare le predette comunicazioni è disponibile un’apposita sezione sul portale Cliclavoro).

Locazioni abitative – Anagrafe condominiale – Registrazione da parte del locatore e comunicazione al conduttore e all’amministratore di condominio – Novità della legge di stabilità 2016

La legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), con l’art. 1 co. 59, modifica l’art. 13 della L. 431/98, concernente la disciplina circa i “patti contrari alla legge”, nell’ambito dei contratti di locazione ad uso abitativo.
In particolare, è fatto carico al locatore:
– di provvedere alla registrazione del contratto di locazione nel termine perentorio di trenta giorni dalla data della sua stipula;
– una volta avvenuta la registrazione, di dare “documentata comunicazione”, nei successivi sessanta giorni, al conduttore nonché all’amministratore del condominio.
Di fatto, con la novità normativa, la comunicazione dell’avvenuta registrazione all’amministratore di condominio è funzionale e collegata agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale (art. 1130 c.c. co. 6).

Acquisto di terreni agricoli – Applicazione dell’imposta di registro e ipotecaria in misura fissa e dell’imposta catastale dell’1% – Novità della legge di stabilità 2016

L’art. 1 co. 906 e 907 della L. 28.12.2015 n. 208 (legge di Stabilità 2016) dispongono alcune novità in materia di trasferimenti di terreni agricoli
Infatti, dopo aver innalzato (art. 1 co. 905 della L. 208/2015) al 15% (dal 12%) l’aliquota dell’imposta di registro applicabile ai trasferimenti di terreni agricoli a favore di soggetti diversi da coltivatori diretti e IAP iscritti alla relativa gestione assistenziale e previdenziale, il comma 907 della L. 208/2015 dispone l’applicabilità delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (previste dall’art. 2 co. 4-bis del DL 30.12.2009 n. 194, conv. L. 26.2.2010 n. 25) anche agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze posti in essere a favore del coniuge o di parenti in linea retta dei soggetti che soddisfano i requisiti agevolativi (IAP o coltivatori diretti iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale), purché però, il coniuge ed i parenti siano già proprietari di terreni agricoli e convivano col soggetto “titolare” dell’agevolazione.
In breve, nell’ambito di una famiglia di agricoltori, è possibile che l’acquisto agevolato venga operato dal figlio o dal nipote dell’IAP o coltivatore diretto, anche ove l’acquirente sia privo della qualifica necessaria per l’accesso all’agevolazione (e non intenda acquistarla entro 18 mesi, situazione in cui potrebbe comunque avere accesso al beneficio a norma dell’art. 1 co. 5-ter del DLgs. 99/2004), purché già proprietario di terreni agricoli.
La norma non precisa se la convivenza debba durare per il periodo di 5 anni durante il quale è preclusa all’acquirente la cessazione della coltivazione diretta del fondo.

Esportatori abituali – Lettere d’intento ricevute nel 2015 – Indicazione nella dichiarazione annuale IVA 2016

Nel modello IVA 2016, approvato con provv. Agenzia delle Entrate 15.1.2016 n. 7772, i fornitori dei soggetti “esportatori abituali” devono indicare tutte le dichiarazioni di intento ricevute dai propri clienti relative all’anno 2015, e non solo quelle che hanno effettivamente originato cessioni e prestazioni senza applicazione dell’IVA ex art. 8 co. 1 lett. c) del DPR 633/72.
A tal fine, è stato istituito nella dichiarazione IVA annuale l’apposito quadro VI, nel quale indicare, per ciascuna dichiarazione di intento ricevuta, il numero di partita IVA del cliente (campo 1) e il numero di protocollo attribuito dall’Agenzia delle Entrate all’atto della ricezione della dichiarazione di intento (campo 2). Per il modello 2016, è inoltre previsto il campo 3, ove riportare il numero progressivo attribuito dal cliente “esportatore abituale” alla dichiarazione di intento, tenuto conto che la nuova procedura di trasmissione delle dichiarazioni stesse è divenuta obbligatoria solo a partire dall’11.2.2015.

Cessione gratuita di beni deperibili o di valore non superiore a 15.000 euro – Comunicazione all’amministrazione finanziaria o alla Guardia di Finanza – Novità della legge di stabilità 2016

L’art. 1 co. 396 della legge di stabilità 2016 (L. 28.12.2015 n. 208) ha introdotto alcune semplificazioni nella disciplina concernente gli obblighi comunicativi necessari a vincere la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del DPR 441/97 in caso di cessioni gratuite di beni effettuate nei confronti dei soggetti di cui all’art. 10 n. 12) del DPR 633/72 (enti pubblici, associazioni riconosciute, fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione , istruzione, studio o ricerca scientifica e Onlus).
In base all’art. 1 del DPR 441/97, infatti, si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni. Tuttavia l’art. 2 co. 2 lett. a) del medesimo decreto prevede che, in caso di cessioni gratuite di beni nei confronti dei soggetti di cui all’art. 10 n. 12) del DPR 633/72, la presunzione di cessione può essere vinta presentando, fra l’altro, una comunicazione scritta all’Amministrazione finanziaria o alla Guardia di finanza.
A seguito delle modifiche introdotte, a partire dall’1.1.2016, la soglia di costo dei beni entro la quale non è necessario effettuare tale comunicazione viene innalzata da 5.164,57 a 15.000,00 euro. Inoltre, viene previsto l’esonero dall’obbligo comunicativo qualora le cessioni gratuite nei confronti dei soggetti di cui all’art. 10 n. 12) del DPR 633/72 riguardino beni facilmente deperibili, indipendentemente dal loro costo di acquisto.

Comunicazione bonaria – Prova della notifica (C.T. Reg. Roma 1.12.2015 n. 6378/2/15)

C.T. Reg. Roma 1.12.2015 n. 6378/2/15 ha sancito che se il contribuente, in sede di ricorso contro una cartella scaturente da controllo formale della dichiarazione, eccepisce la mancata notifica dell’avviso bonario, spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare che tale notifica sia avvenuta.
E’ quindi necessario produrre un documento, come l’avviso di ricevimento, che dimostri l’avvenuta ricezione dell’avviso ad opera del contribuente.
Se, come peraltro ammesso dalla legge, l’avviso bonario è stato recapitato ad esempio tramite posta ordinaria (senza quindi alcuna prova della ricezione), l’ente impositore non può che accollarsi il rischio di un’eventuale soccombenza in giudizio.
Evidenziamo che, secondo la Cassazione, il difetto di avviso bonario, nel controllo formale, causa la nullità del ruolo (Cass. 4.7.2014 n. 15312).

Contratto a tutele crescenti – Patto di prova – Requisiti e durata – Novità del DLgs. 23/2015

L’art. 2096 c.c. dispone l’applicazione del patto di prova anche ai contratti a tutele crescenti, ossia i contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati successivamente al 7.3.2015.
Il patto di prova deve essere redatto in forma scritta contestualmente alla stipulazione del contratto di lavoro (essendo da considerare nullo qualsiasi patto di prova stipulato successivamente alla conclusione del contratto), deve individuare precise e mansioni consentendo, ad entrambe le parti, la possibilità di recedere dal contratto senza ulteriori obblighi reciproci; la ratio dell’istituto in questione consiste, quindi, nel dare, ad entrambe le parti, la possibilità di sperimentare la convenienza del contratto di lavoro.
Alla luce di quanto appena esposto, pertanto, la ripetizione del patto di prova in due successivi e diversi contratti di lavoro, con il medesimo lavoratore, è da considerarsi ammissibile solo se consente all’impresa di verificare le qualità professionali del lavoratore in relazione a nuove mansioni (Cass. 1.9.2015 n.17371; Cass. 17.7.2015 n.15059)
Nonostante il recesso durante il patto di prova sia tendenzialmente libero, la giurisprudenza ne ha individuato alcuni limiti. In particolare, si ritiene che:
-il recesso del datore di lavoro sia illegittimo qualora il lavoratore non sia stato adibito realmente alle mansioni indicate nel patto;
-il recesso sia altresì illegittimo qualora il lavoratore riesca a provare il superamento positivo della prova o l’inadeguatezza della durata della stessa.
Le conseguenze a carico del datore di lavoro sono diverse a seconda che il vizio del patto di prova riguardi i limiti formali (mancata o insufficiente individuazione delle mansioni) o l’esperimento pratico della prova (inadeguatezza della durata o motivo illecito di recesso): nel primo caso, infatti, il rapporto di lavoro dovrà essere considerato instaurato sin dall’inizio, mentre, nel secondo caso, la giurisprudenza ritiene che il lavoratore abbia diritto esclusivamente al risarcimento del danno e, ove possibile, alla prosecuzione del periodo di prova.
In conclusione, pertanto, con il contratto a tutele crescenti, la nullità (o, comunque, l’illiceità) del licenziamento durante il periodo di prova non comporta l’applicazione della tutela reintegratoria prevista all’art. 2 del DLgs. 23/2015.

Congedo di paternità – novità della legge di stabilità 2016

In un’ottica di maggior condivisione dei compiti genitoriali, la Legge di stabilità 2016 (L. 28.12.2015 n. 208) ha prorogato per tutto il 2016 le disposizioni in materia di congedo parentale del padre lavoratore dipendente (già disposte dalla L. 92/2012), estendendo da uno a due giorni il periodo di congedo obbligatorio e lasciando invariate le disposizioni relative al congedo facoltativo.
In particolare, ora la disciplina prevede che:
– quanto al congedo obbligatorio, entro i primi cinque mesi di vita del figlio il padre lavoratore debba astenersi dal lavoro per due giorni (non necessariamente continuativi, ma non frazionabili in ore);
– quanto al congedo facoltativo, entro i primi cinque mesi di vita del figlio il padre lavoratore possa astenersi dal lavoro per ulteriori due giorni, purché la madre anticipi di un numero equivalente di giorni il termine finale del congedo post partum.
Per poter beneficiare del congedo parentale obbligatorio, il lavoratore è tenuto a comunicare in forma scritta al proprio datore di lavoro i giorni in cui intende beneficiare del congedo, rispettando un anticipo non inferiore a 15 giorni; qualora, invece, intenda beneficiare di quello facoltativo, dovrà allegare alla richiesta la dichiarazione della madre di non fruizione del congedo per altrettanti giorni.
Dal momento che tale istituto costituisce una causa sospensiva del rapporto lavorativo (alla quale corrisponde una indennità giornaliera del 100% da parte dell’INPS), fondata sul principio di una miglior conciliazione tra famiglia e lavoro, la Corte di Cassazione è intervenuta censurando condotte dei lavoratori difformi da quanto previsto nelle intenzioni del legislatore.