In risposta ad alcuni quesiti, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito quanto affermato nella circ. 2/2016, ossia che gli impianti fotovoltaici, sia quelli a terra, che quelli integrati con i tetti, perdono la rendita catastale.
Pertanto, i proprietari degli impianti possono presentare la richiesta di variazione catastale per la rideterminazione della rendita per gli immobili censiti nella categoria D/1, ma anche per i fabbricati rurali nella categoria D/10.
La novità è contenuta nel co. 21 dell’art. 1 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), in cui si dispone che, dall’1.1.2016, la determinazione della rendita catastale dei fabbricati a destinazione speciale e particolare, cioè degli immobili classificabili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata (tramite stima diretta) tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Tuttavia, sono esclusi dalla medesima stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (c.d. “imbullonati”).
In relazione agli impianti fotovoltaici possiamo avere:
– impianti dichiarati autonomamente: in questo caso la nuova rendita catastale deve essere determinata considerando il suolo (se si tratta di impianti a terra) oppure l’elemento strutturale (solaio, copertura lastrico solare se l’impianto è realizzato sulle costruzioni di proprietà altrui);
– impianti realizzati sopra il tetto del fabbricato a cura del proprietario stesso dell’immobile, per i quali, la variazione della rendita deve essere richiesta per riportarla al valore che aveva prima della realizzazione dell’impianto fotovoltaico.
Credito di imposta per il riacquisto della prima casa – Novità della legge di stabilità 2016 – Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
In occasione del Convegno dei 130 anni del Catasto Italiano, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ai quesiti della stampa specializzata, ha chiarito che, a seguito delle novità introdotte in materia di “prima casa” dalla Legge di Stabilità per il 2016 (L. 208/2015), il termine di 1 anno, concesso all’acquirente dell’immobile agevolato per alienare l’abitazione preposseduta opera solo in relazione alla condizione agevolativa posta dalla lettera c) della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 e non in relazione alla condizione posta dalla lettera b) della medesima norma.
Ne deriva che, ove il contribuente sia titolare, al momento del nuovo acquisto, di un immobile sito nel medesimo Comune ove si trova la nuova abitazione, la casa preposseduta (non acquistata con il beneficio) deve essere alienata prima del nuovo acquisto.
Invece, ove l’abitazione preposseduta, ovunque si trovi sul territorio italiano, sia stata acquistata con l’agevolazione prima casa, il contribuente può acquistare il nuovo immobile con il beneficio prima casa anche senza aver già alienato la “vecchia” prima casa, purché egli la alieni entro 1 anno dal nuovo acquisto
Imposta sostitutiva del 10% sui premi di produttività – Scambio del premio con misure di welfare – Novità del DM 25.3.2016
Il co. 182 e segg. dell’art. 1 della L. 208/2016 hanno reintrodotto i premi di risultato in denaro con la tassazione agevolata IRPEF al 10% ed hanno agevolato la possibilità di ricorso al welfare aziendale apportando modifiche all’art. 51 (co. 2 e ultimo periodo del co. 3) del TUIR.
In pratica, la nuova disciplina attribuisce al lavoratore dipendente la possibilità di convertire i premi monetari in welfare, avvantaggiandosi non solo della totale detassazione dei benefit, ma anche del completo azzeramento dei relativi oneri previdenziali, considerata la sostanziale coincidenza della base imponibile fiscale e contributiva, introdotta dall’art. 6 del DLgs. 314/97.
Sull’argomento, rispetto alle previgenti disposizioni, la nuova disciplina sulle somme detassabili ha un diverso perimetro di applicazione, dal momento che gli accordi territoriali e aziendali devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. Di conseguenza, le somme sono agevolate a condizione che la misurazione dei parametri individuati sia effettiva, rigorosa e corrispondente a oggettivi miglioramenti rispetto agli indicatori individuati.
Rimangono, pertanto, di per sé esclusi quegli emolumenti che solo potenzialmente possono incidere sulla produttività e che invece erano stati ricompresi nella previgente disciplina, come ad esempio gli straordinari, le indennità e le maggiorazioni varie.
Reverse charge – Settore edile – Estensione dell’ambito applicativo – Beni significativi – Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Con la risposta fornita nella circ. 22.12.2015 n. 37, l’Agenzia delle Entrate precisa che la disciplina di cui all’art. 7 della L. 23.12.99 n. 488, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% per le forniture di “beni significativi” nell’ambito di prestazioni aventi ad oggetto interventi di recupero edilizio su fabbricati a prevalente destinazione abitativa, fino a concorrenza del valore della prestazione al netto del valore di tali beni, non opera nelle ipotesi in cui il committente dell’intervento è un soggetto passivo IVA.
I chiarimenti forniti con la precedente circ. Agenzia delle Entrate 71/2000 sembravano, invece, escludere l’applicazione di detta disciplina soltanto nell’ambito dei rapporti intermedi rispetto all’esecuzione dell’intervento, e non anche nel caso in cui il committente soggetto passivo IVA agisce in qualità di destinatario finale della prestazione.
Non è chiaro, dunque, se la nuova impostazione vada intesa come mutamento interpretativo, ma l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato l’intento di uniformarsi alla posizione espressa nella circ. 71/2000 e di voler fornire ulteriori precisazioni.
Spese di manutenzione straordinaria – Criteri di deducibilità (Cass. 20.4.2016 n. 7885)
La Cass. 20.4.2016 n. 7885 ha stabilito che l’art. 102 co. 6 del TUIR (ai sensi del quale le spese di manutenzione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni cui si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili, mentre l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi) “consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati”.
La pronuncia sembrerebbe, quindi, attribuire al contribuente, con un orientamento innovativo, la facoltà di scegliere il trattamento fiscale applicabile nella specie.
A tal riguardo, autorevole dottrina ha evidenziato che l’art. 102 co. 6 del TUIR non richiede, ai fini fiscali, l’individuazione della natura delle spese in esame, diversamente da quanto occorre effettuare sotto il profilo civilistico (OIC 16).
Peraltro, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che, con riferimento alle spese di manutenzione capitalizzate, non trova applicazione l’art. 102 co. 6 del TUIR. Qualora, infatti, le spese in esame siano imputate contabilmente (secondo corretti principi contabili) ad aumento del costo del bene cui si riferiscono, gli ammortamenti “vanno computati”, anche ai fini fiscali, sull’intero valore così incrementato (C.M. 98/2000, circ. Agenzia delle Entrate 10/2005 e 27/2005).
Leasing finanziario abitativo – Novità della legge di stabilità 2016 – Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
In occasione del convegno sui 130 anni del Catasto italiano, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad alcune domande, ha chiarito che, al fine di poter usufruire delle agevolazioni fiscali che la L. 208/2015 ha riconosciuto ai conduttori “under 35” di un leasing abitativo, i requisiti dell’età anagrafica e del rispetto del limite reddituale devono essere verificati esclusivamente alla data della stipula del contratto, per poi avere effetto sull’intera durata del rapporto.
Pertanto, non è rilevante se, successivamente alla stipula, il contraente supera i 35 anni o dichiara un reddito superiore al limite indicato.
Medico odontoiatra – Incassi derivanti da anni pregressi – Rateazione della parcella accordata al cliente (C.T. Reg. Potenza 2.3.2016 n. 85/2/16)
C.T. Reg. Potenza 2.3.2016 n. 85/2/16 ha stabilito che, se la contabilità è tenuta in forma semplificata, c’è una fisiologica promiscuità tra entrate e spese personali, quindi è “a distanza di tempo, difficile, se non impossibile, fornire adeguata documentazione di tutti i versamenti e prelievi”.
Nel caso di specie, riguardante un odontoiatra, è corretta la diminuzione della pretesa fondata sui versamenti bancari in apparenza non giustificati quando sia dimostrato che la contribuente collaborava, negli anni antecedenti a quello oggetto di accertamento, con il padre. E’ verosimile, poi, affermare che, per fidelizzare i clienti, siano stati accordati pagamenti dilazionati negli anni.
Detrazione IRPEF/IRES del 65% per la riqualificazione energetica – Compilazione del modello UNICO 2016 SC
Le società di capitali quali spa, sapa, srl e società cooperative, oltre ad altri enti commerciali ed equiparati, che sostengono spese volte alla riqualificazione energetica degli edifici, per beneficiare della detrazione IRES del 65%, al ricorrere delle condizioni richieste dalla norma, devono compilare i righi da RS80 a RS88 del modello UNICO 2016 SC.
Nel modello di dichiarazione che deve essere presentato quest’anno, agli interventi previsti dalla L. 296/2006 per i quali è possibile beneficiare dell’agevolazione, si aggiungono:
– l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari di cui all’Allegato M al DLgs. 29.12.2006 n. 311, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000,00 euro (da indicare nel rigo RS85);
– l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000,00 euro (da indicare nel rigo RS86).
Concordato preventivo – Pagamento parziale dei crediti IVA – Ammissibilità – Condizioni (Corte di giustizia 7.4.2016 n. C-546/14)
La Corte di Giustizia UE, nella sentenza 7.4.2016 causa n. C-546/14, ha riconosciuto la possibilità in sede di domanda di concordato preventivo (art. 160 del RD 267/42) di prevedere il pagamento parziale del debito IVA, non ponendosi in contrasto la normativa comunitaria relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto con la normativa nazionale.
Tale decisione si pone in senso difforme rispetto all’orientamento consolidato della giurisprudenza, che fino ad oggi, non ha ritenuto possibile sottoporre a falcidia il debito IVA nel concordato preventivo, ma solo a pagamento dilazionato (si veda, fra le altre, Cass. 4.11.2011 n. 22931, nella quale viene precisato che il divieto di proporre il pagamento parziale dell’IVA, previsto dall’art. 182-ter del RD 267/42, sarebbe applicabile anche alle procedure di concordato preventivo che non prevedono la transazione fiscale).
Contribuente non soggetto all’obbligo dichiarativo – Termine applicabile (C.T. Reg. Milano 22.3.2016 n. 1648/28/16)
L’avviso di accertamento, in caso di contribuente esonerato dalla trasmissione della dichiarazione dei redditi, va notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione, nelle situazioni ordinarie, avrebbe dovuto essere presentata (C.T. Reg. Milano 22.3.2016 n. 1648/28/16).
Considerato che non c’è obbligo dichiarativo, non può essere applicato il maggior termine quinquennale, relativo alle fattispecie di dichiarazione omessa.
Si evidenzia che la L. 208/2015, a decorrere dal 2016 (dichiarazioni presentate nel 2017) ha modificato i termini per l’accertamento, elevandoli a cinque anni per la dichiarazione inviata e a sette per quella omessa.