Il co. 56 dell’art. 1 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) introduce una detrazione dall’IRPEF del 50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA, per l’acquisto effettuato entro il 31.12.2016, di unità immobiliari a destinazione residenziale di classe energetica A o B, cedute dalle imprese costruttrici.
A tal proposito l’Agenzia delle Entrate, confermando alcuni chiarimenti forniti del corso di Telefisco 2016, ha precisato che:
– l’agevolazione non compete se è stata versata dell’IVA in acconto nel 2015 e la vendita è stipulata nel 2016 in quanto, in applicazione del principio di cassa, è necessario che il pagamento dell’IVA avvenga nel periodo d’imposta 2016 considerato che la detrazione è in vigore dall’1.1.2016;
– l’agevolazione non compete se è stata versata dell’IVA in acconto nel 2016 e la vendita è stipulata nel 2017 in quanto la norma si applica agli acquisti effettuati o da effettuare entro il 31.12.2016;
– la detrazione compete anche se, in attesa di vendere l’unità immobiliare, l’impresa costruttrice l’ha concessa in locazione.
Nella circ. 12/2016 non è stata invece confermata la risposta dell’Amministrazione finanziaria secondo cui sono escluse dall’agevolazione le vendite effettuate da imprese che hanno solo eseguito lavori di recupero edilizio (di ristrutturazione edilizia, di manutenzione straordinaria o di restauro e risanamento conservativo).
Redditometro – Incremento della spesa patrimoniale – Imputazione per quinti della spesa – Illegittimità della considerazione di spese avvenute in anni successivi (Cass. 12.4.2016 n. 7147)
Cass. 12.4.2016 n. 7147 ha ritenuto non corretta la prassi degli uffici finanziari consistente nel considerare, ai fini dell’accertamento sintetico, il quinto di spese patrimoniali sostenute in anni successivi a quello accertato.
Prima del DL 78/2010, la spesa patrimoniale si presumeva conseguita, per quote costanti, con redditi prodotti nell’anno della sua effettuazione e nei quattro antecedenti.
I giudici affermano, quindi, che, per applicare la presunzione illustrata, occorre accertare l’anno in cui è stata sostenuta la spesa imputando il quinto a ritroso.
Viene così confermata la visione di alcuna giurisprudenza di merito (C.T. Reg. Roma 22.6.2011 n. 456/1/11, C.T. Prov. Novara 7.2.2012 n. 12/6/12 e C.T. Prov. Bergamo 10.6.2013 n. 115/2/13).
Prestazioni e servizi di utilità sociale a favore dei dipendenti – Trattamento fiscale – Novità della Legge di Stabilità 2016
Con la L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), sono state introdotte importanti novità in materia di welfare aziendale, con la finalità di incrementare l’utilizzo di prestazioni e servizi di utilità sociale a favore dei dipendenti. Come evidenziato dall’autore, le novità di rilievo sono sostanzialmente tre.
Una prima misura riguarda le prestazioni di utilità sociale ricomprese nell’art. 100 co. 1 del TUIR (senza limiti di defiscalizzazione per i dipendenti, e aventi finalità educative, di istruzione, ricreazione, assistenza sociale, assistenza sanitaria, eccetera), le quali possono essere riconosciute, allo scopo di beneficiare delle esenzioni fiscali, non più unicamente su base volontaria, tramite un atto unilaterale o regolamento del datore di lavoro, ma anche attraverso accordi collettivi.
La seconda misura riguarda invece la possibilità, per i lavoratori che hanno maturato un premio di risultato, di trasformarlo in tutto o in parte in servizi messi a disposizione dal datore di lavoro. Tale opzione è alternativa all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% sul premio e consente un’esenzione fiscale totale. Anche questa misura richiede la sottoscrizione di un accordo aziendale o territoriale.
Infine, un terzo intervento riguarda la possibilità che l’erogazione dei beni, delle prestazioni e dei servizi di utilità sociale avvenga tramite voucher nominativi e non cedibili a terzi, che possono essere in formato cartaceo o elettronico e che devono riportare un valore nominale.
Avviso di accertamento – Imminenza del termine di decadenza (Cass. 15.4.2016 n.7598)
Con ordinanza del 15.4.2016 n. 7598, la Cassazione ha statuito che:
– è illegittimo l’accertamento emesso prima dei 60 giorni dalla consegna del verbale di constatazione (art. 12 co. 7 della L. 212/2000);
– non è motivo di urgenza l’imminenza del termine di decadenza, anche se determinato da un tardivo invio del pvc da parte della Guarda di finanza.
In particolare, secondo i giudici:
– il termine dei 60 giorni è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente (Cass. SS.UU. 18184/2013);
– l’imminente decadenza del potere di accertamento non è di per sé sufficiente a derogare ai 60 giorni, in quanto occorre la prova che la decadenza non sia dipesa da negligenza o inefficienza dell’amministrazione (ipotesi che potrebbe ravvisarsi in fatti emersi nel corso delle indagini o in procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, in eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla programmazione dell’attività degli uffici, o su condotte dolose e dilatorie del contribuente).
Somme assoggettate a tassazione in anni precedenti – Restituzione al soggetto erogatore – Deducibilità in dichiarazione – Novità della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) – Disposizioni attuative (DM 5.4.2016)
L’art. 10 co. 1 lett. d-bis) del TUIR prevede la deducibilità dal reddito complessivo delle somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti. L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può anche essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, al contribuente è data la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto.
Il DM 5.4.2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15.4.2016, ha disciplinato le modalità con cui presentare la predetta istanza di rimborso. In particolare, il contribuente può richiedere il rimborso dell’importo determinato applicando all’intero ammontare delle somme non dedotte l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito di cui all’art. 11 del TUIR. Tale richiesta di rimborso è irrevocabile.
L’istanza deve essere presentata in carta libera agli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate nel termine biennale di cui all’art. 21 co. 2 del DLgs. 546/92, decorrente dalla data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale sono state restituite le somme.
Disciplina dei congedi parentali – Limite minimo di preavviso e collocazione temporale del congedo (Interpello Min. Lavoro 11.4.2016 n. 13)
Con la risposta ad interpello 11.4.2016 n. 13, il Ministero del Lavoro è intervenuto con riferimento ai congedi parentali ex art. 32 del DLgs. 151/2001, chiarendo che, sebbene le modifiche introdotte dall’art. 7 co. 1 lett. c) del DLgs. 80/2015 abbiano ridotto il limite minimo del periodo di preavviso per la richiesta di congedo parentale da parte del lavoratore da 15 a 5 giorni, è ancora possibile fare applicazione delle clausole della contrattazione collettiva già vigenti alla data di entrata in vigore del citato DLgs. 80/2015 che, in virtù della precedente normativa, fissano il limite minimo di preavviso in un termine non inferiore ai 15 giorni.
Inoltre, sempre nella medesima risposta, i tecnici ministeriali hanno altresì precisato che stante la qualificazione, da parte della giurisprudenza, del diritto alla fruizione del congedo parentale in termini di diritto potestativo, in relazione al quale vige l’unico onere del rispetto dei termini di preavviso, è esclusa la possibilità per il datore di lavoro di disporre una collocazione temporale di fruizione del congedo diversa da quella richiesta dal lavoratore osservando i suddetti termini. Tuttavia, per il datore di lavoro resta la possibilità di disciplinare la fruizione dei congedi tramite accordi da raggiungere anche a cadenza mensile, aventi la finalità di conciliare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto alla cura della famiglia.
Misure per agevolare l’uscita dal mondo del lavoro – Calcoli di convenienza
L’art. 1 co. 284 della L. 208/15 (Legge di Stabilità 2016), che a breve troverà attuazione, ha introdotto l’istituto del ”part time agevolato”, finalizzato ad agevolare l’uscita dal mondo del lavoro di quei lavoratori del settore privato che:
– siano assunti con un contratto a tempo indeterminato;
– abbiano versato almeno 20 anni di contributi;
– maturino il diritto alla pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi di età) entro il 31.12.2018.
Per questi lavoratori, la diminuzione proporzionale della retribuzione rispetto alle ore non lavorate è fatta salva grazie a una somma esente da prelievo fiscale e contributivo, pari alla quota di contribuzione pensionistica, nella misura del 23,81%, che l’azienda avrebbe dovuto versare all’INPS sulla cosiddetta “retribuzione persa” per la riduzione dell’orario lavorativo. Le aziende, invece, anche se da un lato potranno gestire più liberamente quei lavoratori adibiti a mansioni obsolete, dall’altro dovranno incrementare l’organico per supportare la minore prestazione lavorativa cui andranno incontro, se ad avvalersi del part time agevolato saranno lavoratori specializzati collocati in posizioni strategiche per l’azienda.
La norma, inoltre, potrebbe avere uno scarso impatto a causa della sua esclusiva applicabilità a lavoratori che accedono alla pensione di vecchiaia con i requisiti ordinari, con l’esclusione di tutti quelli che, invece, accedono alla pensione con requisiti diversificati o sono soggetti ad altre deroghe previste dall’ordinamento.
Autonoma organizzazione – Società semplici – Assoggettamento ad IRAP – Condizioni (Cass. SS.UU. 14.4.2016 n. 7371)
Con la sentenza 14.4.2016 n. 7371, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate riguardo all’ordinanza interlocutoria 3870/2015, con la quale si chiedeva di valutare se vadano sempre assoggettate ad IRAP le attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, e in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti insussistente l’autonoma organizzazione dei fattori produttivi.
In conformità alla sentenza 7291/2016, i giudici di legittimità hanno ribadito che, a norma dell’art. 2 del DLgs. 446/97, “l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”, dovendosi, quindi, prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione. Atteso che l’art. 3 co. 1 lett. c) dello stesso DLgs. 446/97 contempla, tra i soggetti passivi d’imposta, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate (in buona sostanza, le associazioni professionali e gli studi associati), ne deriva il relativo assoggettamento ad IRAP.
Versamenti a enti locali incompetenti o di somme non dovute – Procedure di rimborso e di regolazione contabile – Chiarimenti (circ. Min. Economia e Finanze 14.4.2016 n. 1/DF)
Con la circ. 14.4.2016 n. 1/DF, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha fornito alcuni chiarimenti in relazione alle disposizioni contenute nel DM 24.2.2016 (in corso di pubblicazione in G.U.) riguardanti le procedure di riversamento, rimborso e regolazione relative ai tributi locali, attuative dell’art. 1 co. da 722 a 727 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
Nello specifico, tali disposizioni riguardano:
– l’IMU;
– la maggiorazione standard della TARES;
– l’IMI istituita dalla Provincia Autonoma di Bolzano;
– l’IMIS istituita dalla Provincia Autonoma di Trento.
Nel caso di versamento ad un ente locale incompetente, quest’ultimo deve procedere al riversamento delle somme indebitamente percepite all’ente locale competente entro 180 giorni dal momento in cui ne è venuto a conoscenza.
Il contribuente, invece, nel caso si sia accorto dell’errore, deve effettuare un’apposita comunicazione, sia al Comune competente che a quello incompetente, in cui indica gli estremi del versamento, l’importo versato, i dati catastali dell’immobile cui si riferisce il versamento stesso, l’ente locale destinatario delle somme e l’ente locale che ha ricevuto erroneamente il versamento. Diversamente, potrebbe essere lo stesso Comune a segnalare, in via autonoma, di aver ricevuto un versamento non di propria competenza.
Nel caso di versamenti effettuati in misura superiore a quanto dovuto, invece, il contribuente deve presentare apposita istanza di rimborso all’ente locale, il quale, nei 180 giorni successivi, deve completare l’istruttoria della pratica e darne comunicazione al contribuente. La domanda di rimborso deve essere richiesta dal contribuente, a pena di decadenza, entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento o da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
Reverse charge – Prestazioni effettuate da fornitori non residenti verso soggetti passivi nazionali – Applicazione del reverse charge
Poiché non tutti gli Stati membri prevedono, nel loro ordinamento, l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da cedenti o prestatori non residenti verso soggetti passivi IVA nazionali, esistono alcune ipotesi in cui il cedente o prestatore stabilito in Italia è obbligato a identificarsi nello Stato membro del cessionario o committente, o a nominare un rappresentante fiscale, per assolvere correttamente l’imposta in relazione all’operazione effettuata. Si ricorda, infatti, che l’art. 196 della direttiva 2006/112/CE impone l’applicazione del reverse charge soltanto con riferimento alle prestazioni di servizi generiche.
Pertanto, anche ai fini della fatturazione, per le operazioni territorialmente rilevanti nella Ue, occorre verificare la normativa vigente nello Stato membro dell’acquirente per capire se quest’ultimo sia o meno debitore dell’imposta nel proprio Stato. Nel primo caso, il fornitore italiano deve emettere fattura riportando l’annotazione “inversione contabile” ed eventualmente la norma di riferimento (art. 21 co. 6-bis del DPR 633/72); in caso contrario, il fornitore nazionale è tenuto ad identificarsi, ai fini IVA, nello Stato membro dell’acquirente.