La Corte di Cassazione, con la sentenza 18.1.2017 n. 1119, ha affermato che, nell’accertamento analitico-presuntivo, la ricostruzione presuntiva dei ricavi e del volume d’affari deve utilizzare un metodo idoneo ad integrare una presunzione qualificata, ovvero che sia in qualche modo “plausibile”, o meglio, logico e attendibile.
Nel caso oggetto della pronuncia, i giudici hanno ritenuto che l’emissione di fatture incomplete, prive delle ore di manodopera prestata e del prezzo specifico dei singoli beni ceduti, nonché la mancata esibizione delle schede di lavorazione e dei listini prezzi, costituissero circostanze idonee a legittimare l’accertamento analitico-induttivo. Tuttavia, la ricostruzione presuntiva dei ricavi non può essere operata in base alla tariffa oraria relativa al numero delle ore di manodopera presumibilmente lavorate nell’anno oggetto di accertamento poiché si tratta di un criterio non valutabile univocamente, mentre la metodologia di accertamento analitico-induttivo presuppone la certezza del fatto che funge da premessa maggiore da cui far discendere, con argomentazione logica, la determinazione del fatto ignoto.