L’attività di ristorazione in abitazione privata (c.d. “home restaurant” oppure “home food”) disporrà prossimamente di una disciplina ad hoc. Infatti, è stato approvato dalla Camera il Ddl. A.C. 3258-3337-3725-3807-A che pone precise condizioni per l’esercizio di questa attività tra cui:
– transazioni tracciate con mezzi di pagamento elettronici;
– utilizzo obbligatorio di una piattaforma digitale in cui si incontrano “ristoratore” e cliente;
– osservanza della normativa in tema di sicurezza alimentare;
– comunicazione di inizio dell’attività al Comune.
La pratica, finora non regolamentata, consistente nell’erogazione, dietro corrispettivo, di un servizio di ristorazione da parte di persone fisiche all’interno delle strutture abitative proprie o di terzi. Nel Ddl. viene precisato che le disposizioni non si applicano alle attività non rivolte al pubblico o, comunque, svolte da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che costituiscono attività libere e non soggette a procedura amministrativa.
L’attività di home restaurant è considerata saltuaria. A tal fine non può superare il limite di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5.000 euro annui. Il che significa, da un punto di vista fiscale, che i proventi dell’attività esercitata entro tali limiti costituiscono redditi diversi derivanti da attività commerciale non esercitata abitualmente ex art. 67 co. 1 lett. i) del TUIR.