Il trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette, delle somme corrisposte al lavoratore in dipendenza di un patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c. risente delle incertezze che caratterizzano il relativo trattamento contabile.
In base all’orientamento della dottrina e ad alcune pronunce di merito:
– laddove l’onere relativo al patto di non concorrenza sia ripartito sugli esercizi intercorrenti tra la data di stipulazione del patto e la data di cessazione del rapporto di lavoro, mediante la rilevazione di un fondo nel passivo dello Stato patrimoniale, il relativo accantonamento non è fiscalmente deducibile ex art. 107 co. 4 del TUIR;
– laddove l’onere sia interamente imputato all’esercizio in cui cessa il rapporto di lavoro e l’indennità viene erogata, lo stesso concorre a formare il reddito imponibile nel medesimo esercizio;
– laddove l’onere sia capitalizzato nell’esercizio in cui il corrispettivo viene erogato tra le altre immobilizzazioni immateriali e ammortizzato negli esercizi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, le relative quote di ammortamento sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio ex art. 108 co. 1 del TUIR;
– laddove l’onere sia rilevato nell’esercizio in cui cessa il rapporto di lavoro e l’indennità viene erogata, ripartendolo tra gli esercizi di efficacia del patto mediante la rilevazione di risconti attivi, il comportamento contabile assume rilevanza fiscale.