Sussiste un potenziale conflitto di norme, tra:
– l’art. 30-ter co. 2 del DPR 633/72 (introdotto dalla L. 20.11.2017 n. 167), secondo cui, in caso di applicazione di un’IVA non dovuta, il cedente può presentare istanza di rimborso all’Erario entro il termine decadenziale di due anni da quando, a seguito di accertamento definitivo, ha dovuto restituire alla controparte le somme;
– l’art. 6 co. 6 del DLgs. 471/97 (come modificato dalla L. 27.12.2017 n. 205), secondo cui ove venga detratta un’IVA indebitamente applicata assolta dal cedente/prestatore, al cessionario viene irrogata una sanzione fissa da 250,00 euro a 10.000,00 euro, ferma restando la detrazione.
Se il cessionario può detrarre l’IVA addebitata in rivalsa per errore, perde di pregio il secondo comma dell’art. 30-ter del DPR 633/72, in quanto non può esserci l’accertamento nei suoi confronti, nè, tanto meno, la ripetizione dal cessionario al cedente dell’IVA indebita.
Un’interpretazione potrebbe essere quella di negare la detrazione per le sole operazioni esenti, non imponibili o escluse in cui l’IVA è stata comunque applicata (l’imposta non sarebbe stata applicata in misura “maggiore” come letteralmente richiede l’art. 6 co. 6 del DLgs. 471/97, essendo ab origine indebita).