Le cessioni di campioni gratuiti beneficiano di una disciplina di favore ai fini IVA, in quanto sono considerate operazioni fuori campo anche se consentono la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (artt. 2 co. 3 lett. d) e 19 co. lett. c) del DPR 633/72).
Tale disciplina trova giustificazione, essenzialmente, nel fatto che la distribuzione di campioni ha una finalità promozionale.
Per evitare abusi, la norma nazionale specifica che i campioni devono essere, fra l’altro, “appositamente contrassegnati”. Riguardo alle modalità di assolvimento dell’obbligo di contrassegno, però, si sono registrate interpretazioni differenti.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, i campioni andrebbero contrassegnati in modo indelebile (es. mediante lacerazione, perforazione, marcatura indelebile e visibile) per evitare che i beni possano formare oggetto di successiva commercializzazione (cfr. ris. n. 83/2003, R.M. nn. 503097/73 e 430047/91).
Secondo la Corte di Cassazione, invece, non occorre che il contrassegno abbia il carattere dell’indelebilità e inamovibilità, in quanto a livello normativo non è previsto alcun obbligo in tal senso.
Peraltro, anche sulla base della giurisprudenza unionale, il soddisfacimento della finalità anti-abuso non parrebbe affidata a una forma di etichettatura che alteri le caratteristiche esteriori del prodotto, quanto piuttosto al contenuto informativo veicolato mediante l’etichettatura stessa (Cass. 27795/2018).