Sulla base della disciplina previgente, che precludeva l’applicazione dell’agevolazione prima casa alle abitazioni qualificabili “di lusso” ai sensi del DM 2.8.69, nel computo della superficie utile andavano anche i locali di sgombero non abitabili (in quanto era rilevante l’idoneità allo svolgimento delle attività della vita quotidiana). Nel caso di specie, l’immobile era qualificabile di lusso ai sensi dell’art. 5 del citato DM, avendo superficie superiore a 200 mq ed avendo un’area pertinenziale “della superficie di oltre sei volte l’area coperta” (costituita dal terreno circostante il fabbricato, essendo a tal fine irrilevante la qualificazione catastale dell’area ai fini della natura pertinenziale ex art. 817 c.c.).
Nel caso di specie, risulta applicabile la sanzione del 30% in quanto:
– anche la dichiarazione relativa alla natura non di lusso dell’immobile deve essere contenuta nell’atto di acquisto e quindi, se mendace, comporta la decadenza dal beneficio;
– come illustrato dalla Cass. SS.UU. 22.4.2022 n. 13145, la modifica normativa successiva, che ha reso irrilevante la natura “di lusso” dell’immobile, ancorando il beneficio alla sola destinazione catastale, non ha comportato una abolitio criminis e non può applicarsi retroattivamente.
Trattandosi di atto imponibile ad IVA, posto che la revoca del beneficio è riconducibile ad elementi oggettivi del contratto stipulato dalle parti, di cui esse sono necessariamente a conoscenza, l’Amministrazione finanziaria può emettere l’avviso di liquidazione dalla maggiore IVA, irrogando le sanzioni:
– sia nei confronti del cedente, quale soggetto passivo ex art. 17 del DPR 633/72 (salva la rivalsa successiva, in caso di pagamento, nei limiti di cui all’art. 60 co. 7 del DPR 633/72);
– sia nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, col primo tenuto quale coobbligato ai sensi della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86.