In sede di conversione in legge del DL 119/2018, il Senato ha previsto l’inserimento, nell’art. 63 del DLgs. 231/2007, del nuovo co. 1-bis, ai sensi del quale, per le violazioni all’utilizzo di assegni privi dell’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e della clausola di intrasferibilità per importi pari o superiori a 1.000,00 euro (come richiesto dall’art. 49 co. 5 del DLgs. 231/2007), l’entità della sanzione minima è pari al 10% dell’importo trasferito in violazione della predetta disposizione.
Ciò a due condizioni:
– la violazione deve essere di importo inferiore a 30.000,00 euro;
– devono ricorrere le circostanze di minore gravità della violazione ex art. 67 del DLgs. 231/2007 (avendosi riguardo, ad esempio, a entità dell’importo, grado di responsabilità, capacità finanziaria, assenza di precedenti violazioni).
Tale regime di minor rigore è espressamente dichiarato applicabile anche ai “procedimenti amministrativi in corso” alla data di entrata in vigore del DL 119/2018 (24.10.2018).
Ove la Camera dovesse confermare tale testo, allora, appare opportuno attivarsi nel richiedere la determinazione della sanzione alla luce del nuovo minimo. Successivamente si potrebbe (o almeno così sembrerebbe): pagare l’importo come determinato; ricorrere all’oblazione pari al 20% dell’importo trasferito, se più conveniente; contestare la determinazione dinanzi al giudice ordinario.