Strumenti di integrazione salariale – Modifiche del DLgs. 148/2015 – Analisi comparata

Il DLgs. 148/2015 ha determinato un diverso e innovativo modo di utilizzare gli strumenti di sostegno al reddito.Il decreto, infatti, ampliando la categoria dei soggetti destinatari (con un conseguente incremento dei costi), prevede:

– che anche i soggetti assunti con apprendistato professionalizzante occupati in imprese ammesse ai trattamenti di CIGO e CIGS possano accedere all’integrazione ordinaria. In caso di aziende destinatarie della sola CIGS, i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante hanno accesso alla sola integrazione salariale straordinaria, limitatamente alla causale di “crisi aziendale”;

– la riduzione complessiva dei trattamenti di integrazione salariale da 36 mesi a 24 mesi nel quinquennio mobile;

– oneri più elevati per le aziende, che sono tenute a versare un contributo pari al 9% della retribuzione delle ore non lavorate, per le ore di integrazione salariale concesse nell’arco di 52 settimane in un quinquennio mobile. Il contributo è destinato a incrementarsi (fino al 15%) all’aumentare delle settimane interessate da integrazione salariale;

– che i fondi di solidarietà riguardino i settori esclusi dal campo di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie. L’istituzione dei fondi è inoltre obbligatoria in relazione alle imprese che occupano in media più di cinque dipendenti (invece dei precedenti 15), compresi gli apprendisti.

Misure di contrasto alla povertà – Accesso al Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) – Modalità

Dal 2.9.2016 è possibile presentare la domanda per accedere al Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), ossia la misura di contrasto alla povertà disciplinata dal DM 26.5.2016, che si concretizza nell’erogazione di un sussidio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate, in cui almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata. Tuttavia, è necessario che il richiedente aderisca ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni, in rete con gli altri servizi del territorio (i centri per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole) e con i soggetti del terzo settore, le parti sociali e tutta la comunità. In sintesi, il beneficiario sarà tenuto a svolgere specifiche attività quali, ad esempio, la frequenza di contatti con i servizi del Comune responsabili del progetto, la ricerca attiva di lavoro, l’adesione a iniziative di formazione o di politica attiva o di attivazione, frequenza e impegno scolastico, e così via.

Con riferimento ai requisiti economici, per i soggetti interessati si richiede un ISEE inferiore o uguale a 3.000 euro, e che non siano già beneficiari di altri trattamenti di natura previdenziale e assistenziale superiori a 600 euro mensili, oppure che non fruiscano di strumenti di sostegno al reddito previsti in caso di disoccupazione involontaria, come la NASPI o l’ASDI.

Il bonus verrà erogato bimestralmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta SIA) dall’INPS e potrà avere un importo variabile da 80 a 400 euro su base mensile, a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare.

Socio accomandatario di società immobiliare – Obbligo di iscrizione alla Gestione dei commercianti – Verifica dell’attività della società immobiliare (Cass. 25.8.2016 n. 17328)

Con la sentenza 25.8.2016 n. 17328, la Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS per il socio accomandatario di una immobiliare, laddove venga svolta solo una mera attività di riscossione dei canoni degli immobili locati. Confermando la decisione di appello, con la quale era stato respinto il ricorso dell’INPS, i giudici di legittimità precisano che, nel caso in argomento, non emergono le condizioni dell’iscrizione, poiché la mera attività di riscossione era inerente al godimento dei beni immobili. 

Richiamando le condizioni previste per l’iscrizione alla predetta Gestione speciale dall’art. 1 co. 202 e 203 della L. 662/96, la Corte di Cassazione spiega che la locazione di beni immobili, infatti, può costituire attività commerciale ai fini previdenziali solo se esercitata nell’ambito di una più ampia attività di prestazione di servizi, quale ad esempio l’intermediazione immobiliare. 

Nel caso in questione, dunque, per l’accomandatario non sussisteva obbligo di iscrizione e versamento dei contributi alla Gestione commercianti, in quanto il socio non svolgeva alcuna attività commerciale, ma si limitava a riscuotere i canoni degli immobili locati e, quindi, a goderne i frutti. E ciò a prescindere da ogni considerazione sulla sua partecipazione al lavoro aziendale con carattere di prevalenza e di abitualità e sul riconoscimento di occupazione prevalente nella propria dichiarazione dei redditi.

Omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali – Novità apportate dal DLgs. 8/2016

L’art. 3 del DLgs. 8/2016 ha modificato l’art. 2 del DL 463/1983 prevedendo la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per un importo superiore a 10.000 euro annui. Se il mancato versamento non supera questa soglia si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.La circolare INPS n. 121/2016 ha chiarito che, ai fini della determinazione dell’importo omesso non si considera – come avviene invece per le ritenute fiscali – il periodo di imposta, bensì si tiene conto dei versamenti effettuati dal 16 gennaio (relativi al mese di dicembre dell’anno precedente) sino al 16 dicembre (relativi al mese di novembre dell’anno di riferimento). Peraltro, il datore di lavoro non è punibile, né è assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Relativamente alla sanzione amministrativa, peraltro, si ricorda che l’autore dell’illecito che non provveda al pagamento nel termine dei tre mesi assegnati, potrà versare, entro il termine dei successivi 60 giorni, l’importo della sanzione amministrativa quantificata nella misura ridotta in base all’art. 16 della L. 689/1981.

Assenza per malattia – Divieto di svolgere attività lavorativa presso terzi – Condizioni (Cass. 1.8.2016 n. 15989)

Con la sentenza n. 15989/2016, la Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo ad un caso di licenziamento di una lavoratrice dipendente che durante il periodo di assenza per malattia aveva prestato attività di lavoro domestico presso terzi.Pur accogliendo il ricorso datoriale per gravi errori procedurali commessi dalla Corte d’appello, i giudici di legittimità colgono l’occasione per ricordare che, in linea di principio e secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cfr. Cass. 3.3.2015 n. 4237), non sussiste per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare, durante tale assenza, un’attività lavorativa a favore di terzi.

Tuttavia, è necessario che non emerga una simulazione di infermità, oppure che non venga violato il divieto di concorrenza o, infine, che l’attività lavorativa non comprometta la guarigione del lavoratore, con conseguente inosservanza del dovere di fedeltà al prestatore d’opera.

Pertanto, non si configura una giusta causa di licenziamento laddove non sia stato provato che il lavoratore abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro, simulando la malattia per assentarsi in modo da poter espletare un lavoro diverso o lavorando durante l’assenza con altre imprese concorrenti (con quella cui è contrattualmente legato) oppure, anziché collaborare al recupero della salute per riprendere al più presto la propria attività lavorativa, abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando così il suo diritto al riposo per trarne un reddito dal lavoro diverso in costanza di malattia e in danno del proprio datore di lavoro.

Licenziamento individuale – Obbligo del datore di lavoro di sentire il lavoratore – Inadempimento – Inefficacia del licenziamento (Cass. 18.8.2016 n. 17166)

Con la sentenza 18.8.2016 n. 17166, la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore soggetto al procedimento disciplinare ha diritto di essere ascoltato personalmente nonostante, a seguito della richiesta di audizione, presenti anche giustificazioni scritte complete ed esaustive. Ne consegue che la mancata audizione rende il licenziamento inefficace per omessa applicazione della procedura prevista dall’art. 7 della L. 300/70.

Il rapporto di lavoro, tuttavia, si considera comunque risolto e il dipendente ha diritto al risarcimento del danno spettante per i vizi formali e procedurali, di importo variabile tra le 6 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.

CIGO – Chiarimenti ufficiali (circ. INPS 1.8.2016 n. 139)

L’INPS, con la circ. 1.8.2016 n. 139, fornisce alcune precisazioni in materia di accesso all’integrazione salariale ordinaria.
In particolare, l’Istituto precisa che:
– con riguardo alla durata della cassa integrazione ordinaria, i periodi legati a eventi oggettivamente non evitabili restano esclusi solamente dal calcolo delle 52 settimane richiedibili nel biennio mobile;
– con riferimento al cumulo tra i trattamenti di cassa (Cigo e Cigs e tra Cigo e contratti di solidarietà), viene evidenziato che il contratto di solidarietà e la Cigo possono coesistere nel medesimo periodo, solamente laddove riguardino lavoratori diversi e individuati tramite specifici elenchi nominativi;
– in merito agli aspetti connessi alla fruizione delle ferie in caso di domanda di Cigo, nelle ipotesi di sospensione totale dell’attività lavorativa, vale a dire nei casi di richiesta di cassa a zero ore, il datore di lavoro può accedere immediatamente alla Cigo, posticipando le ferie dei lavoratori (di contro, nei casi di richiesta di Cigo parziale, il differimento non è ammesso);
– in riferimento ai contratti di appalto, se verrà individuata una clausola che consente al committente di interrompere i lavori programmati per sopravvenute necessità o per eventi imprevisti (escludendo compensi o indennizzi a favore dell’appaltatrice), si considererà non concedibile la Cigo in quanto la sospensione rientra nel rischio di impresa.
L’INPS si sofferma, inoltre, sulla procedura di consultazione sindacale che si accompagna alla richiesta di Cigo.

Patto di prova – Forma scritta – Necessità – Condizioni (Cass. 3.8.2016 n. 16214)

Con la sentenza n. 16214/2016, la Corte di Cassazione ha ribadito che il patto di prova deve essere accettato dal dipendente in forma scritta, a pena di invalidità dell’eventuale licenziamento intimato alla scadenza del relativo periodo, e non può essere prorogato in costanza di rapporto, essendo possibile definire la sua durata solo all’interno del contratto di assunzione.
Nel caso in esame, il recesso non era stato intimato dal datore di lavoro durante il periodo di prova inizialmente concordato tra le parti, ma era intervenuto durante un periodo successivo, oggetto di una proposta di proroga sottoposta al dipendente e accettata dallo stesso solo verbalmente.
Nel confermare l’illegittimità del licenziamento, la Suprema Corte ricorda che non sussiste possibilità di concordare verbalmente il patto di prova, dal momento che la forma scritta è espressamente richiesta dall’art. 2096 c.c. non solo ai fini di prova, ma anche ai fini della validità dell’atto.
Invece, con riferimento alla proroga, i giudici di legittimità rilevano che, seppure fosse stata siglata per iscritto dalla dipendente, il datore di lavoro non avrebbe comunque potuto recedere per mancato superamento della prova, una volta terminato il periodo inizialmente concordato. Infatti, il patto di prova costituisce un elemento accidentale del contratto di lavoro, che non può produrre effetto se non è espressamente previsto dalle parti in tale documento. Invece, un accordo di proroga firmato in un momento successivo all’instaurazione del rapporto di lavoro resta per definizione fuori dal contratto iniziale, non avendo alcuna efficacia in relazione alla durata del periodo di prova.

Controllo a distanza dei dipendenti – Condizioni e limiti (parere Min. Lavoro 1.6.2016 n. 11241)

Con il parere 1.6.2016 n. 11241, il Ministero del Lavoro ha fornito importanti chiarimenti ad integrazione della disciplina in materia di impianti audiovisivi nei luoghi di lavoro di cui all’art. 4 della L. 300/70 (modificato da ultimo dal DLgs. 151/2015).
Tale norma si basa su due principi:
– l’installazione dei suddetti impianti, ove dagli stessi derivi anche la possibilità a controllo dell’attività dei lavoratori, può avvenire esclusivamente per esigenze organizzative e produttive ovvero per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale;
– è necessario che l’installazione sia preceduta da un apposito accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. Ove in azienda non siano presenti rappresentanze sindacali o in mancanza di accordo, occorre ottenere l’autorizzazione della DTL o, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più DTL, del Ministero del Lavoro.
La nota ministeriale ha precisato che, nel caso in cui non venga seguito l’iter sopra descritto, si pone in violazione della legge (con conseguente applicabilità del prescritto regime sanzionatorio) anche la presenza di telecamere che, seppur installate, non siano state ancora messe in funzione ovvero di telecamere “finte”, montate a scopo dissuasivo, a nulla rilevando che:
– il datore di lavoro abbia informato i lavoratori;
– il controllo sia discontinuo in quanto esercitato in locali dove i lavoratori possano trovarsi solo saltuariamente.

Accesso alla CIGS per le aziende soggette a procedure concorsuali – Condizioni (circ. Min. Lavoro 26.7.2016 n. 24)

Con la circ. 26.7.2016 n. 24, il Ministero del Lavoro è intervenuto in merito alla fruizione del trattamento di CIGS da parte dei lavoratori alle dipendenze di aziende soggette a procedure concorsuali.
Nello specifico, i tecnici ministeriali confermano la possibilità di fruire del trattamento di CIGS per i lavoratori dipendenti di imprese soggette a fallimento, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività, al fine di mantenere il più possibile integro il complesso aziendale sia in termini dimensionali che di capacità di reddito.
Ancora, si chiarisce altresì che, anche nel caso di concordato con continuità aziendale, è possibile ammettere l’azienda al trattamento di CIGS. A tal fine, il Ministero ricorda che l’impresa deve presentare un programma di crisi aziendale in cui il piano di risanamento è finalizzato alla concreta e rapida cessione dell’azienda o di parte di essa con il trasferimento dei lavoratori.
Illustrate queste ipotesi, il Ministero del Lavoro sottolinea che il programma di liquidazione o il piano di concordato articolati in modo da garantire nel periodo di fruizione della CIGS, per 12 mesi, la cessione del complesso aziendale o di una sua parte sono entrambi finalizzati a salvaguardare i livelli occupazionali e a consentire la continuazione in tutto o in parte dell’attività, anche se svolta da un soggetto terzo e diverso rispetto al richiedente il trattamento di integrazione in argomento.