Trattamento speciale di disoccupazione – Lavoratori del settore edile – Ambito di applicazione (circ. Min. Lavoro 20.4.2016 n. 16)

Con la circ. 20.4.2016 n. 16, il Ministero del Lavoro è intervenuto in merito al trattamento speciale di disoccupazione ex art. 11 della L. 223/91 previsto per i lavoratori licenziati da imprese edili e affini. La questione in esame deriva dalla disposizione contenuta all’art. 2 co. 71 della L. 92/2012, con cui è stato abrogato il trattamento di disoccupazione in argomento a partire dall’1.1.2017.
Sul punto, il Ministero precisa che i requisiti di accesso al trattamento speciale dovranno essere perfezionati entro il 31.12.2016 e, in particolare, ricorda che entro tale data è necessario che venga conclusa la procedura sindacale e sia presentata l’istanza per l’accertamento dello stato di grave crisi dell’occupazione ex art. 11 della L. 223/91.
Per quanto concerne invece le successive tempistiche, si chiarisce che il competente ufficio ministeriale, una volta accertata la sussistenza dei requisiti, potrà emanare il decreto di accertamento dello stato di grave crisi dell’occupazione e la conseguente corresponsione del trattamento speciale di disoccupazione con decorrenza nell’anno 2016, che potrà protrarsi, per un periodo di 27 o 18 mesi, a seconda dell’area geografica in cui sono stati effettuati i lavori oggetto dell’accertamento.
Tale decreto, ricorda il Ministero del Lavoro, potrà essere emanato nel corso del 2017, al fine di consentire l’istruttoria delle domande presentate entro il prossimo 31.12.2016.

Contratti a tempo determinato per attività di ricerca – Deroga al limite di 36 mesi – Condizioni (Interpello Min. Lavoro 11.4.2016 n. 12)

Con l’interpello 11.4.2016 n. 12, il Ministero del Lavoro ha espresso alcuni chiarimenti con riferimento ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto, in via esclusiva, attività di ricerca.
Con l’occasione, i tecnici ministeriali non solo hanno confermato la possibilità di derogare alla durata massima di 36 mesi del primo contratto a tempo determinato, riservata agli istituti di ricerca, tra i quali devono essere ricompresi anche gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato, ma hanno altresì fornito alcune precisazioni in merito al numero massimo di proroghe che le parti possono stipulare.
Più in particolare, ci si è chiesti se la deroga contenuta al co. 3 dell’art. 23 del DLgs. 81/2015 per il limite dei 36 mesi possa valere anche per quello, previsto dall’art. 21, relativo al numero massimo di 5 proroghe nell’arco di 36 mesi, a prescindere dal numero di contratti.
In estrema sintesi, per il Ministero del Lavoro, anche nel caso di contratti aventi ad oggetto attività di ricerca, è esclusa la violazione del limite di 5 proroghe nell’arco dei 36 mesi fissato dall’art. 21 co. 1 del DLgs. 81/2015, pur restando ferma stando la possibilità, per l’ultima proroga, di determinare una durata complessiva superiore ai 36 mesi, in quanto commisurata alla durata del progetto di ricerca.

Part time – Maturazione del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia entro il 2018 – Diritto al pensionamento – Novità della legge di stabilità 2016 – Dubbi applicativi

Con il co. 284 dell’art. 1 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), sono state introdotte misure che disciplinano una forma di part time agevolato, consistente nella possibilità, offerta al datore di lavoro e al lavoratore del settore privato con contratto a tempo pieno e indeterminato che matura i requisiti per andare in pensione di vecchiaia entro il 31.12.2018, di modificare l’orario di lavoro svolto.
Operativamente, il contratto a tempo parziale potrà prevedere una variazione compresa tra il 40% e il 60% dell’orario pieno, e il lavoratore percepirà un importo – non imponibile sia ai fini fiscali che contributivi – corrispondente ai contributi pensionistici datoriali (23,81%) calcolati sulla parte di retribuzione non più dovuta per effetto della riduzione di orario.
Inoltre, il periodo in part time vale ai fini pensionistici (anche per la parte non lavorata) in quanto lo Stato coprirà con contributi figurativi la “retribuzione persa”.
La procedura per accedere al beneficio, risulta articolata in diverse fasi, anche se la più delicata consiste nella preventiva certificazione da parte dell’INPS dell’esistenza dei requisiti pensionistici.

Part time – Maturazione del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia entro il 2018 – Diritto al pensionamento – Novità della legge di stabilità 2016 (circ. Fondazione Studi Consulenti del lavoro aprile 2016 n. 7)

La Fondazione Studi Consulenti del lavoro, con la circ. 7/2016, in attesa di chiarimenti da parte dell’INPS sul c.d. “part time prepensionamento” previsto dalla L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), ha precisato che:
– tale possibilità è accessibile da uomini e donne che questo mese abbiano almeno 63 anni e 11 mesi di età, cioè 20 anni di contributi al momento dell’accordo con l’azienda, nonché il compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia entro il 2018;
– possono chiedere il part time anche i dipendenti di aziende private iscritti nella gestione ex INPDAP;
– i lavoratori “prepensionati” riceveranno uno stipendio comprensivo della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro (pari al 23,81% della retribuzione ed esente da tasse e contributi) per la parte di orario non effettuata;
– ottenuta la certificazione INPS richiesta dalla procedura, che accerti il possesso dei requisiti di contribuzione e della maturazione di quello anagrafico entro il 2018, l’accordo di riduzione dell’orario sottoscritto dal lavoratore e dall’azienda dovrà essere trasmesso alla Direzione Territoriale del Lavoro e, solo una volta ottenuto il suo consenso o il silenzio assenso, anche all’INPS.

Lavoro intermittente – Novità del DLgs. 81/2015

Il Min. Lavoro, con l’interpello 10/2016 ha chiarito i dubbi sollevati dal DLgs. 81/2015 (c.d. “Codice dei contratti”) in materia di lavoro intermittente, affermando che restano ancora valide le ipotesi oggettive individuate dalla tabella allegata al RD 2657/23. La risposta del Ministero chiarisce che:
-la regolamentazione delle ipotesi oggettive di cui si tratta è demandata, in via principale, alla contrattazione collettiva e, in assenza di disposizioni contrattuali, ad un decreto ministeriale;
-nelle more dell’emanazione di un nuovo decreto, il rischio di vuoti normativi, per i settori in cui i contratti collettivi non intervengano sul tema, è scongiurato dall’art. 55 co. 3 del DLgs. 81/2015, il quale dispone che, in via transitoria, “trovano applicazione le regolamentazioni vigenti”. Il riferimento è, appunto, nella specie, al DM 23.10.2004, che rinvia all’elenco delle attività contenuto nella tabella allegata al RD 2657/23;
-restano fermi i limiti soggettivi, in base ai quali il contratto di lavoro a chiamata può essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età e con lavoratori che abbiano più di 55 anni.
Per i contratti a chiamata irregolari sono previste, per ciascun lavoratore, sanzioni pecuniarie, nonché la conversione del contratto a tempo pieno e indeterminato. Il controllo degli ispettori, in particolare, riguarderà:
-l’adempimento degli obblighi di comunicazione;
-l’effettiva esistenza delle causali oggettive e soggettive;
-il rispetto del limite massimo di 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari (art. 7, co.2 del DL. 76/2013), che decorre dal 28.6.2013 e che scadrà, pertanto, il 28.6.2016.

Disciplina dei congedi parentali – Limite minimo di preavviso e collocazione temporale del congedo (Interpello Min. Lavoro 11.4.2016 n. 13)

Con la risposta ad interpello 11.4.2016 n. 13, il Ministero del Lavoro è intervenuto con riferimento ai congedi parentali ex art. 32 del DLgs. 151/2001, chiarendo che, sebbene le modifiche introdotte dall’art. 7 co. 1 lett. c) del DLgs. 80/2015 abbiano ridotto il limite minimo del periodo di preavviso per la richiesta di congedo parentale da parte del lavoratore da 15 a 5 giorni, è ancora possibile fare applicazione delle clausole della contrattazione collettiva già vigenti alla data di entrata in vigore del citato DLgs. 80/2015 che, in virtù della precedente normativa, fissano il limite minimo di preavviso in un termine non inferiore ai 15 giorni.
Inoltre, sempre nella medesima risposta, i tecnici ministeriali hanno altresì precisato che stante la qualificazione, da parte della giurisprudenza, del diritto alla fruizione del congedo parentale in termini di diritto potestativo, in relazione al quale vige l’unico onere del rispetto dei termini di preavviso, è esclusa la possibilità per il datore di lavoro di disporre una collocazione temporale di fruizione del congedo diversa da quella richiesta dal lavoratore osservando i suddetti termini. Tuttavia, per il datore di lavoro resta la possibilità di disciplinare la fruizione dei congedi tramite accordi da raggiungere anche a cadenza mensile, aventi la finalità di conciliare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto alla cura della famiglia.

Misure per agevolare l’uscita dal mondo del lavoro – Calcoli di convenienza

L’art. 1 co. 284 della L. 208/15 (Legge di Stabilità 2016), che a breve troverà attuazione, ha introdotto l’istituto del ”part time agevolato”, finalizzato ad agevolare l’uscita dal mondo del lavoro di quei lavoratori del settore privato che:
– siano assunti con un contratto a tempo indeterminato;
– abbiano versato almeno 20 anni di contributi;
– maturino il diritto alla pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi di età) entro il 31.12.2018.
Per questi lavoratori, la diminuzione proporzionale della retribuzione rispetto alle ore non lavorate è fatta salva grazie a una somma esente da prelievo fiscale e contributivo, pari alla quota di contribuzione pensionistica, nella misura del 23,81%, che l’azienda avrebbe dovuto versare all’INPS sulla cosiddetta “retribuzione persa” per la riduzione dell’orario lavorativo. Le aziende, invece, anche se da un lato potranno gestire più liberamente quei lavoratori adibiti a mansioni obsolete, dall’altro dovranno incrementare l’organico per supportare la minore prestazione lavorativa cui andranno incontro, se ad avvalersi del part time agevolato saranno lavoratori specializzati collocati in posizioni strategiche per l’azienda.
La norma, inoltre, potrebbe avere uno scarso impatto a causa della sua esclusiva applicabilità a lavoratori che accedono alla pensione di vecchiaia con i requisiti ordinari, con l’esclusione di tutti quelli che, invece, accedono alla pensione con requisiti diversificati o sono soggetti ad altre deroghe previste dall’ordinamento.

Controllo a distanza dei dipendenti – Condizioni e limiti

Si evidenzia come ai sensi dell’art. 4 della L. 300/70 – così come completamente riformulato dall’art. 23 co. 1 del DLgs. 14.9.2015 n. 151 – venga operata una distinzione tra gli strumenti utilizzati per rendere la prestazioni di lavoro (ad esempio, smartphone, tablet, eccetera) e per il rilevamento delle presenze, dagli strumenti dai quali possa derivare la possibilità di un controllo a distanza del dipendente.
In particolare, la nuova disciplina riconosce solo in relazione ai primi la possibilità per il datore di lavoro di procedere liberamente alla loro installazione e al loro utilizzo, mentre per la seconda tipologia si rende ancora necessaria la sottoscrizione di un accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa. Tuttavia, il co. 3 del citato art. 4 stabilisce che le informazioni raccolte dall’azienda mediante gli strumenti di lavoro possono essere utilizzate per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro solo nel caso in cui al lavoratore sia stato adeguatamente informato sulle modalità d’uso e dei possibili controlli, e solamente nel rispetto delle disposizioni in materia di privacy disciplinate dal DLgs. 196/2003.
Di conseguenza, per la contestazione disciplinare di un illecito rilevato a seguito del controllo svolto dal datore sullo strumento assegnato al dipendente, occorre che quest’ultimo sia stato previamente informato tanto sul come poter usare lo strumento assegnato, quanto sulle modalità e sulle finalità del controllo datoriale.

Esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato – Novità della legge di stabilità 2016

Con riguardo all’applicazione dell’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2016 nelle ipotesi in cui si registri il passaggio di lavoratori da un’azienda all’altra, l’INPS, nella circ. 57/2016, ha confermato quanto precisato nella precedente circ. 178/2015 circa la trasferibilità della fruizione del beneficio, già riconosciuto al datore di lavoro cedente, per il periodo residuo non goduto, in capo:
– al cessionario dell’azienda, in caso di trasferimento d’azienda, atteso che, ai sensi dell’art. 2112 c.c., i rapporti di lavoro continuano “ope legis” con il cessionario e i lavoratori conservano tutti i diritti connessi;
– al cessionario del contratto di lavoro, in caso di cessione del contratto a tempo indeterminato ex art. 1406 c.c., verificandosi, anche in tali ipotesi, la sola modificazione soggettiva del rapporto, che prosegue, senza variazioni, con il subentrante.
Relativamente all’ipotesi di cambio di appalto, nella quale, invece, i rapporti di lavoro alle dipendenze dell’appaltatore uscente si estinguono e si instaurano con l’appaltatore subentrante – spesso tenuto all’assunzione in forza di specifiche clausole dei contratti collettivi – nuovi rapporti:
– l’INPS, nella cir. 178/2015, in applicazione della precedente normativa (priva di indicazioni sul punto), aveva escluso che, per i dipendenti a tempo indeterminato del datore cessante, riassunti dal subentrante, quest’ultimo potesse godere dell’esonero, difettando, in capo ai suddetti lavoratori, il requisito della mancata occupazione a tempo indeterminato nel 6 mesi precedenti;
– capovolgendo l’indirizzo assunto dall’Istituto, la L. 208/2015 ha espressamente sancito, all’art. 1 co. 181, la possibilità, per il datore di lavoro subentrante che assuma un lavoratore per il quale il datore di lavoro uscente già godeva dell’esonero, di conservarne la fruizione, per la durata e la misura residua.

Abrogazione da parte del DLgs. 81/2015 – Requisiti delle “nuove” collaborazioni coordinate e continuative dall’1.1.2016

Le nuove disposizioni in materia di collaborazioni organizzate dal committente, introdotte per volontà del Jobs act dall’art. 2 del DLgs. 81/2015, definiscono anche la nozione di lavoro etero-organizzato facendo riferimento ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Nel complesso, si osserva, si tratta di una forma di lavoro autonomo al quale però si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. A tale disposizione, si aggiungono anche alcune difficoltà interpretative legate alla riforma del lavoro autonomo, attualmente all’esame del parlamento.
In particolare, il Ddl. 2233 introduce una definizione del concetto di coordinamento stabilendo che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
Inoltre, va tenuto conto che, per il Ministero del Lavoro, l’etero-organizzazione si realizza “ogniqualvolta il collaboratore operi all’interno di una organizzazione datoriale rispetto alla quale sia tenuto ad osservare determinati orari di lavoro e sia tenuto a prestare la propria attività presso luoghi di lavoro individuati dallo stesso committente … sempre che le prestazioni risultino continuative ed esclusivamente personali”.
Ne deriverebbe che qualunque prestazione che si svolga all’interno dell’azienda, anche se in autonomia, sarebbe assoggettata alla disciplina del lavoro subordinato.