Con la lettera circ. 18.12.2015 n. 22350, il Ministero del Lavoro ha fornito specifiche istruzioni alle DTL in relazione alla procedura di convalida delle dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dei genitori lavoratori. Infatti, l’art. 55 del DLgs. 151/2001 stabilisce – al fine di contrastare comportamenti illegittimi – che in caso di dimissioni da parte di queste categorie di lavoratrici e lavoratori, le stesse devono essere convalidate da parte della competente DTL, e a tale convalida è condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto. In particolare, il Ministero del Lavoro richiede che il colloquio con la lavoratrice sia approfondito e che accerti la perfetta conoscenza dei sistemi di tutela alternativi alle dimissioni, tra cui anche la possibilità di fruire del congedo parentale a ore ex art. 7 del DLgs. 80/2015, ovvero la facoltà di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ai sensi dell’art. 8 co. 7 del DLgs. 81/2015. Inoltre, tra le motivazioni da rilevare, che potrebbero determinare le dimissioni, il Ministero segnala quelle relative all’organizzazione e condizioni di lavoro particolarmente gravose e/o difficilmente conciliabili con le esigenze di cura della prole, il mutamento della sede di lavoro e delle mansioni, ovvero il mutamento delle condizioni di lavoro a seguito di trasferimento d’azienda. Tale ultima ipotesi è stata peraltro riformulata al fine di prevenire eventuali elusioni alle regole previste dall’art. 2112 c.c., che disciplina in modo specifico i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. In tale circostanza, precisa la nota ministeriale, il funzionario che riceve la richiesta di convalida dovrà chiarire al lavoratore interessato che, in caso di rilevanti modifiche delle condizioni di lavoro in occasione del trasferimento d’azienda che abbiano determinato la decisione di dimettersi, si applica la disciplina delle dimissioni per giusta causa, con diritto a tutte le indennità conseguenti (preavviso, NASPI, TFR, eccetera).
Lavoro sommerso – Sanzioni applicabili – Novità del DLgs. 151/2015 (Circ. Min. Lavoro 12.10.2015 n. 26)
L’art. 22 del DLgs. 151/2015 (attuativo del c.d. Jobs Act) introduce modifiche alla maxisanzione sul lavoro in nero.
In particolare, la modifica concerne:
– sanzioni graduate per fasce, in relazione alla durata del comportamento illecito (da 1500,00 a 9.000,00 euro se il lavoratore irregolare è stato impiegato per 30 giorni effettivi; da 3.000,00 a 18.000,00 euro, se il lavoro svolto va dai 31 a 60 giorni; da 6.000,00 a 36.000,00 euro, se il lavoro irregolare supera i 60 giorni);
– la reintroduzione della diffida (prevista dall’art. 13 del DLgs. 124/2004), con la quale gli ispettori intimano al datore di lavoro di regolarizzare le situazioni non conformi (e che possono essere sanate) alle norme sul lavoro e i tempi entro cui adempiere.
Inoltre il Ministero del Lavoro ha precisato che non è possibile stipulare contratti di lavoro intermittenti o di lavoro accessorio o accedere alle agevolazioni contributive previste dalla L. 190/2014, poichè l’art. 1 co. 1175 della L. 296/2006 subordina l’accesso anche al rispetto degli “altri obblighi di legge”.
Controlli a distanza dell’attività dei lavoratori – Novità del DLgs. 151/2015
Le disposizioni contenute all’art. 23 del DLgs. 151/2015 introducono misure semplificative per quanto riguarda l’utilizzo in azienda di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori. In estrema sintesi, l’uso di tali strumenti non è più vietato di principio, ma consentito per esigenze organizzative o produttive, sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale.
In particolare, la riscrittura dell’art. 4 della L. 300/70, avvenuta per volontà del citato decreto attuativo del Jobs act, ridimensiona il divieto assoluto all’unica ipotesi in cui l’utilizzo degli impianti abbia il fine “esclusivo” di controllare l’attività dei lavoratori. In base alla nuova formulazione, dunque, l’utilizzo di impianti e apparecchiature di controllo non è più un’eccezione a una regola (il divieto), ma una facoltà del datore di lavoro pur tuttavia subordinata all’osservanza di una specifica procedura. Tale procedura è, in via di principio, di tipo sindacale e, se l’accordo non è raggiunto con le rappresentanze sindacali, l’azienda può ricorrere all’autorizzazione ministeriale.
Tuttavia, la nuova disciplina stabilisce altresì che l’accordo sindacale e l’autorizzazione non sono richiesti per l’adozione di strumenti utilizzati dal lavoratore al fine di prestare attività lavorativa (computer, tablet, smartphone, eccetera) e di strumenti di registrazione di entrate e uscite. Infine, con una modifica al DLgs. 196/2003, la riforma ha previsto una specifica sanzione per l’inosservanza della nuova disciplina sugli impianti di controllo, prevedendo (salvo che il fatto non costituisca più grave reato) un’ammenda da 154 a 1.549 euro oppure l’arresto da 15 giorni a un anno, con applicazione di entrambe le pene nei casi più gravi e ferma restando la possibilità, per il giudice, di quintuplicare l’ammenda (facendola quindi arrivare a 7.745 euro) qualora dovesse ritenerla inefficace negli importi ordinari, sulla base delle condizioni economiche del datore di lavoro.
Denuncia di infortunio – Termine cadente di sabato – Slittamento al primo giorno lavorativo successivo (nota INAIL)
L’Inail ha chiarito che il giorno del sabato, ai fini della denuncia d’infortunio, viene considerato come tutti gli altri, non potendo così la denuncia essere differita al primo giorno lavorativo seguente. Ciò, indipendentemente dalla circostanza che l’azienda applichi la settimana corta.
Pertanto, la scadenza cadente di sabato non può essere estesa alla denuncia di infortunio. La ragione si fonda nella necessità di un intervento immediato finalizzato all’istruttoria del caso.
Collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto – Stabilizzazione dall’1.1.2016 – Effetti
Dall’1.1.2016, diventano operative le previsioni in tema di collaborazioni a progetto e coordinate e continuative disposte dal Codice dei contratti (DLgs. 81/2015).
Da tale data, fatte salve alcune eccezioni tassativamente previste, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. La disposizione va letta congiuntamente all’art. 52 del DLgs. 81/2015, recante:
– da un lato, l’abrogazione, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (25.6.2015), degli artt. 61 – 69 del DLgs. 276/2003 sul contratto a progetto e dell’art. 69-bis del medesimo DLgs. sulla presunzione di “falsità” delle partite IVA introdotta dalla L. 28.6.2012 n. 92 (c.d. “legge Fornero”);
– dall’altro, l’espressa salvezza di quanto disposto dall’art. 409 c.p.c. sui “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.
Sono fatte espressamente salve dalla riconduzione al lavoro subordinato le collaborazioni:
– per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedano discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
– prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali sia necessaria l’iscrizione in appositi Albi professionali (vale a dire, le professioni “ordinistiche”);
– prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
– rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche;
– stipulate, non oltre il 31.12.2016, nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni.
In questi casi limitati, potranno continuare a essere stipulati contratti aventi ad oggetto collaborazioni coordinate e continuative, anche etero organizzate.
Lavoro nero, multe a rimborso
Via libera al rimborso delle sanzioni per lavoro nero. Chi doveva multe inferiori a 3 mila euro a titolo di evasione contributiva, ma le ha versate in quest’importo minimo (ex dl n. 223/2006), può chiedere la restituzione della differenza (3 mila euro – importo effettivo di sanzione). A tal fine, deve presentare domanda all’Inps tramite cassetto previdenziale. Lo stabilisce lo stesso istituto previdenziale nel messaggio n. 7280/2015, facendo seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 254/2014 Continue reading “Lavoro nero, multe a rimborso”
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Rilevanza dello stato di crisi dell’azienda (Cass. 18.11.2015 n. 23620)
Con la sentenza 18.11.2015 n. 23620, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di una lavoratrice operante in qualità di tecnico di laboratorio presso una società del settore della sanità privata, finalizzato non a evitare perdite, ma a conseguire un maggior profitto per l’impresa. Nel caso di specie, la società ha sostituito la lavoratrice con una risorsa maggiormente qualificata, in ragione degli obblighi imposti dalla Regione, e, stanti le difficoltà economiche in cui versavano gli altri reparti, non ha potuto ricollocare la lavoratrice.
La Corte ha osservato che il contratto di lavoro può essere sciolto anche a seguito di un’onerosità, sorta successivamente alla sua instaurazione, e inizialmente non prevista, la quale può consistere anche nella sostituzione di personale meno qualificato con personale maggiormente qualificato a seguito di una valutazione dell’imprenditore basata sull’andamento economico dell’impresa (valutazione non sindacabile, secondo i giudici, ai sensi dell’art. 30 della L. 183/2010). Resta fermo che le ragioni tecniche, organizzative o produttive di cui all’art. 3 della L. 604/66, sottese a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, devono essere oggettivamente verificabili, ovvero non pretestuose, e che il relativo onere probatorio ricade sul datore di lavoro
Riduzione dei premi e contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali (DM 30.9.2015)
Il DM 30.9.2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 286 del 9.12.2015 (che approva la determina del presidente dell’Inail n. 238/2015 di attuazione del comma 128 dell’art. 1 della L. 147/2013) stabilisce, tra l’altro, che la speciale riduzione dei premi dell’Inail (c.d. cuneo) salirà nel 2016 al 16,61%, con più di un punto percentuale rispetto al 2015 (15,38%).
Viene evidenziato che non dovrebbero cambiare invece i parametri di valutazione (durata dell’attività aziendale o delle tariffe applicate agli assicurati) dei destinatari degli sconti (ossia, fino ad oggi, l’80 % delle imprese).
In particolare:
– per le imprese con polizze ordinarie dipendenti che hanno più di un biennio di attività, lo sconto sarà effettuato confrontando, per il 2016 e per ciascuna voce di lavorazione, il tasso applicabile calcolato sul triennio 2012-14 con il tasso di tariffa della voce;
– per le imprese con polizze ordinarie dipendenti con meno di un biennio di attività, la riduzione si applica ai soggetti che dimostrino l’osservanza della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e che presentino l’istanza I/P ex L. 147/2013, tramite il modulo telematico 20 Mat, accettata dall’Inail;
Infine, per le tariffe senza meccanismo di premialità, le aziende virtuose saranno individuate mediante un indice di gravità in grado di esprimere il numero medio di giornate di lavoro perse da ciascun addetto-anno.
Maxisanzione per il lavoro nero – Nuovo disciplina introdotta dal DLgs. 151/2015 (Lettera circ. Min. Lavoro 7.12.2015 n. 21476)
Con la Lettera circ. 7.12.2015 n. 21476, il Ministero del lavoro è intervenuto con riferimento alla maxisanzione e alla sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di accertamento della occupazione di lavoratori in nero, recentemente oggetto di revisione da parte dell’art. 22 del DLgs. 151/2015.
In particolare, i tecnici ministeriali si sono soffermati sulle modalità di pagamento delle nuove sanzioni da adottare dal 24.9.2015 a seguito dell’accertamento dell’occupazione irregolare di lavoratori. Sul punto, si ricorda che l’importo della maxisanzione può variare da 1.500 a 9.000 euro per ciascun lavoratore in caso di impiego di questi sino a 30 giorni di effettivo lavoro. La sanzione si raddoppia nel caso di impiego di ciascun lavoratore in nero da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro, e si raddoppia ancora, infine, in caso di impiego del lavoratore oltre i 60 giorni di effettivo lavoro.
Il pagamento della sanzione deve avvenire mediante F23, indicando, tra l’altro, il codice tributo “79AT”, attraverso cui dovranno essere evidenziate le maggiorazioni del 30% alle normali sanzioni introdotte per la maxisanzione per lavoro nero e alle somme aggiuntive da versare per la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, nonché per le maggiorazioni ad alcune sanzioni introdotte dall’art. 14 co. 1 lett. c) del DL 145/2013 (violazioni riguardanti il superamento delle 48 ore settimanali, nonchè la mancata concessione dei riposi giornalieri e settimanali, eccetera).
Tale distinzione della modalità di versamento è motivata dalla circostanza che le predette maggiorazioni sono destinate a finanziare le misure finalizzate a una maggiore efficacia della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale e ad iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare e di prevenzione e promozione in materia sicurezza nei luoghi di lavoro.
Maxisanzione per il lavoro nero – Nuovo disciplina introdotta dal DLgs. 151/2015
Con l’art. 22 del DLgs. 14.9.2015 n. 151, sono state apportate significative modifiche alle disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro ‘’nero”. In particolare, tale disposizione normativa articola la c.d. ‘’maxisanzione” contro il lavoro sommerso in tre soglie di gravità, ordinate secondo i seguenti importi crescenti:
– da 1.500 a 9.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego sino a 30 giorni di lavoro effettivo;
– da 3.000 a 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego da 31 e sino a 60 giorni di lavoro effettivo;
– da 6.000 a 36.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego oltre 60 giorni di lavoro effettivo.
Tali sanzioni aumentano del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa. Altra novità di rilievo contenuta nel decreto in esame, riguarda la reintroduzione della diffidabilità della maxisanzione (art. 13 del DLgs. n.124/2004), che consentirà al datore di lavoro che regolarizza ottemperando alla diffida entro 120 giorni dalla notifica del verbale unico, di essere ammesso al pagamento della sanzione ridotta pari al minimo della sanzione prevista per ciascuna fascia di irregolarità. Tuttavia, il datore di lavoro dovrà aver:
– regolarizzato l’intero periodo di lavoro prestato in “nero” ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi;
– stipulato il contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;
– mantenuto in servizio del lavoratore per almeno 90 giorni di calendario;
– pagato la maxisanzione nella misura minima.