Quale sarà la tua pensione? In arrivo la busta arancione dell’Inps

L’INPS è in procinto di inviare la “busta arancione” a coloro che non sono ancora in possesso del codice pin per usufruire del servizio online “La mia pensione”. Quest’ultima permette di simulare quella che sarà presumibilmente la pensione al termine della propria attività lavorativa ed ha come destinatari i lavoratori con contribuzione versata al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, alle Gestioni Speciali dei Lavoratori Autonomi (Artigiani e Commercianti, Coltivatori diretti, coloni e mezzadri) ed alla Gestione separata, mentre dal 2016 il servizio sarà disponibile anche per i dipendenti pubblici e per i lavoratori con contribuzione versata agli altri Fondi e Gestioni dell’Inps. Chi è  già in possesso del codice pin può accedere a questo utilissimo strumento tramite questo link

Agevolazioni alle imprese che assumono giovani con competenze digitali

Tirocinio di 6 mesi retribuito da “garanzia giovani” e bonus occupazionale di 6 mila euro in caso di assunzione post-tirocinio. Sono queste le agevolazioni di cui possono beneficiare le piccole e medie imprese che accoglieranno in azienda i tirocianti che provengono dal progetto “crescere in digitale”. Quest’ultimo è un’iniziativa del Ministero del Lavoro con il duplice scopo di impiegare lavoratori disoccupati con competenze “informatiche” e aumentare la digitalizzazione delle aziende.
Come si aderisce
I giovani per poter aderire al progetto devono innanzitutto registrarsi al programma “garanzia giovani” e successivamente dovranno seguire un percorso formativo online di 50 ore, totalmente gratuito, su www.crescereindigitale.it. Solo i giovani che superano il test finale avranno accesso alla seconda fase che consentirà di acquisire una formazione specialistica per arrivare preparati al tirocinio in azienda. Le principali materie trattate andranno dalla creazione di un sito web  sino allo sviluppo dell’ecommerce.
Quali vantaggi per le imprese
Il tirocinio, presso l’azienda, durerà sei mesi con una retribuzione di 500 euro al mese interamente finanziata da “garanzia giovani”. Per le imprese che alla fine del tirocinio assumeranno il giovane a tempo indeterminato è previsto un incentivo fino a 6 mila euro. Per queste ultime si tratta, quindi, di un occasione per incrementare la propria digitalizzazione per sei mesi a costo zero e successivamente decidere se assumere il tirocinante.

Licenziamento e dimissioni: quando spetta la NASpI

Ai sensi dell’art. 3, D.Lgs. n. 22/2015, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
a) siano in stato di disoccupazione;
b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
La NASpI va, inoltre, riconosciuta anche:
– ai lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa;
– nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604.
Giusta causa
Con circolare n. 94 del 12 maggio 2015, l’INPS ha chiarito che per giusta causa si devono intendere le dimissioni che avvengano a titolo esemplificativo:
– dal mancato pagamento della retribuzione;
– dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
– dal c.d. mobbing;
– dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (art.2112 co.4 codice civile);
– dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 codice civile;
– dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
Dimissioni durante la maternità
La NASpI spetta, inoltre, anche in caso di dimissioni presentate durante il periodo maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
A tal proposito si ricorda che l’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 prevede che in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Quindi la lavoratrice conserva il diritto:
•al Trattamento di Fine Rapporto;
•all’indennità di disoccupazione (adesso NASpI), se ne possiede i requisiti.
Risoluzione consensuale
Per quanto attiene alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro l’INPS ha precisato che la stessa non è ostativa al riconoscimento della prestazione qualora sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all’art. 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604.
Licenziamento disciplinare
Con riferimento al licenziamento disciplinare l’Istituto ha chiarito che la nuova indennità di disoccupazione può essere riconosciuta anche ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari.
Licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione
Sempre con la citata circolare INPS n. 142/2015, è stato chiarito che l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015 non è ostativo al riconoscimento della indennità NASpI.

Nuova procedura per la comunicazione delle dimissioni del lavoratore

Con il decreto sulle semplificazioni, attuativo del Jobs act, è stata introdotta una nuova procedura  per la comunicazione delle dimissioni che dovrà avvenire, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi poi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente. La trasmissione dei moduli potrà anche avvenire per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione. Viene previsto che il mancato utilizzo dei moduli ministeriali determina l’inefficacia delle dimissioni. Inoltre  è stata introdotta una clausola di ripensamento ovvero entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il lavoratore ha facoltà di revocare le dimissioni. Saranno successivamente individuati dal Ministero del Lavoro, con un apposito decreto attuativo, le modalità di trasmissione nonché i dati identificativi del rapporto di lavoro, del lavoratore, del datore di lavoro e gli standard tecnici volti a definire la data certa di invio. Nell’attesa dell’entrata in vigore di questa nuova procedura si continuerà ad applicare quella vigente prevista dalla Legge Fornero.

Le nuove regole sui controlli a distanza dei lavoratori

Il dlgs approvato dal Consiglio dei Ministri, di attuazione della legge delega del Jobs Act, riscrive le regole sui controlli a distanza dei lavoratori. In particolare è vietato l’uso di impianti audiovisivi e altri strumenti che hanno come unica finalità quella di controllare a distanza l’attività dei lavoratori. L’impiego di tali impianti è possibile solo nei seguenti casi: per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tute del patrimonio aziendale. L’installazione può avvenire previo accordo stipulato con la Rsu o le Rsa oppure, in mancanza di accordo sindacale, previa autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Tuttavia valgono due eccezioni, infatti sia l’accordo sindacale che l’autorizzazione non sono richiesti per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione la prestazione lavorativa (ad esempio il pc) e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite. Infine la riforma introduce una specifica sanzione per i casi d’inosservanza di questa disciplina sugli impianti audiovisivi, ossia un’ammenda da 154 a 1.549 euro o arresto da 15 giorni a un anno con applicazione di entrambe le pene nei casi più gravi.

Jobs Act – D.Lgs. 81/2015: domande e risposte sul lavoro intermittente

Cos’è il contratto di lavoro intermittente?
È il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente anche in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Con chi lo posso stipulare?
Con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con soggetti con più di 55 anni di età.
Per quanto lo posso utilizzare?
Con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Come viene retribuito?
Il lavoratore intermittente non deve ricevere, a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. Il trattamento ovviamente è riproporzionato in ragione della prestazione effettivamente eseguita.
E quando non ne utilizzo la prestazione?
Il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. In questo caso gli spetta l’indennità di disponibilità:
⦁    indennità mensile, divisibile in quote orarie;
⦁    determinata dai contratti collettivi e non è comunque inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
⦁    esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo;
⦁    assoggettata a contribuzione previdenziale;
⦁    non matura in caso di malattia, per questo il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Ove non provveda alla comunicazione il lavoratore perde il diritto all’indennità per un periodo di quindici giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
Nel caso in cui il lavoratore si rifiuti di rispondere alla chiamata?
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.
Come lo devo stipulare?
In forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13;
b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;
e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;
f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Comunicazioni
Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie.
In caso di mancata comunicazione si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

Controlli a distanza dell’attività dei lavoratori – Novità del DLgs. attuativo del Jobs act

Una disposizione di particolare interesse, contenuta nel decreto attuativo della L. 183/2014 (Jobs act) per la razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese, riguarda l’ammodernamento della disciplina dei controlli a distanza, regolata dall’art. 4 della L. 300/70. In particolare, il provvedimento del Governo da una parte conferma il principio per cui tutti gli strumenti di controllo “pericolosi”, come ad esempio le telecamere, possono essere utilizzati solo previo accordo sindacale (oppure autorizzazione amministrativa), e poi adegua questo precetto alla attuale realtà tecnologica tramite l’esonero della procedura autorizzativa per i casi di utilizzo di tutti quegli strumenti indispensabili per l’attività lavorativa, come smartphone, pc, tablet, rilevatori di entrata e di uscita, eccetera. In altri termini, viene confermato il principio secondo cui non è consentito l’uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti che abbiano quale finalità esclusiva il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, poiché tali strumenti possono essere installati solo per finalità lecite, quali esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro, tutela del patrimonio aziendale e solo dopo l’ottenimento di una specifica autorizzazione all’installazione medesima. Viene invece esonerata dal percorso di autorizzazione (sindacale o amministrativa) l’installazione di quegli strumenti che servono al dipendente per eseguire la prestazione lavorativa e di quelli necessari per registrare gli accessi e le presenze. Questi strumenti, quindi, potranno essere installati e utilizzati senza la necessità di seguire le procedure di autorizzazione ordinarie.