Alla luce delle recenti decisioni della Cassazione, come la sentenza 20.6.2018 n. 16263, nonché della norma di interpretazione autentica indicata all’art. 7-quinquies del DL 193/2016, il regime fiscale e contributivo delle trasferte occasionali e abituali sembrerebbe definito.
Tuttavia, sarebbero auspicabili ulteriori chiarimenti dell’INPS, il quale non dovrebbe discostarsi da quanto affermato con il messaggio 5.12.2008 n. 27271.
Nell’occasione, l’Istituto previdenziale ha chiarito che, ai fini del riconoscimento del trasfertismo, devono sussistere congiuntamente le seguenti condizioni: la mancata indicazione nel contratto e/o nella lettera di assunzione della sede di lavoro, intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e non quello di assunzione; lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, vale a dire non strettamente legata alla trasferta poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.
Infine, l’INPS dovrebbe dare indicazioni per poter risolvere anche tutti i contenziosi pendenti in sede amministrativa.
Socio lavoratore di cooperativa – Estinzione del rapporto associativo e di lavoro – Profili critici
La dualità di rapporti in capo al socio lavoratore di cooperativa, da un lato quello societario e, dall’altro, il rapporto di lavoro, presenta una serie di criticità.
Con riguardo alle conseguenze della cessazione del rapporto associativo sul rapporto di lavoro, l’orientamento giurisprudenziale prevalente, poi confermato dalla L. 142/2001, riconosce una distinzione tra i due rapporti, prevedendo che il rapporto di lavoro si estingua con il recesso o l’esclusione del socio (art. 5 co. 2 della L. 142/2001).
Resta invece da chiarire il tema controverso legato al sistema delle fonti di regolamentazione, ossia al rapporto tra la contrattazione collettiva nazionale di settore ed il regolamento interno della cooperativa (art. 6 della L. 142/2001), con particolare riferimento al riconoscimento della retribuzione.
Pagamento con mezzi tracciabili – Novità della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) – Regime sanzionatorio (nota INL 22.5.2018 n. 4538)
L’Ispettorato Nazionale del lavoro (INL), con la nota 22.5.2018 n. 4538, ha fornito i primi chiarimenti con riferimento al divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti (art. 1 co. 910 – 914 della L. 205/2017), in vigore dall’1.7.2018.
La norma impone ai datori di lavoro o committenti, a fini della piena tracciabilità dei flussi retributivi e a tutela dei lavoratori, di servirsi unicamente di alcuni strumenti tipizzati (es. bonifico o assegno); in mancanza, è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000,00 a 5.000,00 euro.
Nello specifico, l’INL precisa che l’obbligo in questione:
– si applica ai rapporti di lavoro subordinato, alle co.co.co., ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci, mentre restano esclusi i rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche amministrazioni, i rapporti di lavoro domestico e i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale;
– si ritiene violato quando il pagamento non avviene secondo le modalità prescritte o quando tali modalità vengono rispettate, ma il pagamento ha esito negativo in ragione di una condotta elusiva da parte del datore di lavoro.
Nuovi livelli reddituali per il periodo 1.7.2018 – 30.6.2019 – Presentazione delle domande – Lavoratori a tempo parziale – Pagamento al coniuge dell’avente diritto
I lavoratori che intendono beneficiare dell’Assegno per il nucleo familiare dovranno presentare al proprio datore di lavoro, entro il 30.6.2018, la nuova domanda per l’ottenimento o l’aggiornamento dei dati utili a reperire l’importo spettante, determinato in base alle tabelle fornite con la circ. INPS 68/2018, contenenti gli importi mensili in vigore dall’1.7.2018 al 30.6.2019.
Nell’occasione possono ricorrere casi particolari, come ad esempio l’ipotesi del lavoratore a tempo parziale, per il quale l’art. 11 del DLgs. 81/2015 stabilisce che l’ANF spetta per l’intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di 24 ore, mentre, in caso contrario, spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata.
Un altro caso particolare riguarda il possibile pagamento dell’ANF direttamente al coniuge dell’avente diritto, così come previsto all’art. 1 co. 559 della L. 311/2004. Nel dettaglio, il coniuge può chiedere l’erogazione della prestazione purché non sia, a sua volta, titolare di un proprio diritto all’ANF e potrà farlo presentando l’apposita richiesta tramite il modulo ANF/DIP. In caso, invece, di domanda presentata successivamente alla richiesta della prestazione, si dovrà utilizzare il modello ANF/DIP 559.
Settore alimentare e panificazione – Aziende artigiane – Erogazione della seconda tranche dell’una tantum (accordo 23.2.2017)
In applicazione dell’accordo del 23.2.2017 (che rinnova il CCNL stipulato tra Confartigianato alimentazione, CNA alimentare, Casartigiani, CLAAI e FLAI-CGIL, FAI-CISL E UILA-UIL, scaduto il 31.12.2015), a maggio le aziende artigiane dei settori alimentare e panificazione, nonché quelle non artigiane fino a 15 dipendenti del settore alimentare, dovranno erogare la seconda tranche dell’una tantum stabilita a copertura del periodo di carenza contrattuale.
Nello specifico, l’accordo prevede che, ai soli lavoratori in forza alla data del 23.2.2017, sia riconosciuto un importo forfetario pari a 150,00 euro a integrale copertura del periodo di carenza contrattuale (1.1.2016-28.2.2017) con previsione di corresponsione in due soluzioni:
– 75,00 euro, corrisposta con la retribuzione del mese di maggio 2017;
– 75,00 euro, da versare con la retribuzione del mese di maggio 2018.
Pignoramento dello stipendio – Adempimenti del datore di lavoro
Il pignoramento dello stipendio costituisce una forma di esecuzione:
– avente ad oggetto la retribuzione del lavoratore/debitore;
– applicata dal datore di lavoro, che versa parte dello stipendio direttamente al creditore.
Nello specifico, il processo di esecuzione sulla retribuzione viene notificato direttamente al lavoratore e al datore di lavoro, che, in seguito all’accertamento del giudice dell’esecuzione circa la regolarità della procedura e all’assegnazione delle somme, sarà obbligato a trattenere al massimo un quinto dello stipendio, calcolando la cifra sulla base della retribuzione in busta paga, al netto delle ritenute previdenziali e di quelle fiscali.
Infine, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve indicare nella certificazione unica il pignoramento, tramite la compilazione della sezione “Somme liquidate a seguito di pignoramento presso terzi”, riportando i dati relativi alle somme liquidate in seguito a procedure di pignoramento presso terzi.
Pagamento con mezzi tracciabili – Novità della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018)
Al fine di evitare comportamenti elusivi, l’art. 1 co. 910 – 914 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) ha disposto che, a partire dall’1.7.2018, la retribuzione ed eventuali suoi anticipi dovranno essere corrisposti ai lavoratori mediante strumenti tracciabili, ossia bonifico, strumenti di pagamento elettronico o, ancora, l’emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore (o un suo delegato maggiore di 16 anni).
Lo stipendio potrà ancora essere corrisposto in contanti solo se il pagamento avverrà presso lo sportello bancario o postale presso il quale il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento.
Da tale obbligo restano esclusi i rapporti di lavoro:
– instaurati con le Pubbliche Amministrazioni;
– rientranti nell’ambito di applicazione dei CCNL per gli addetti ai servizi familiari e domestici.
dato l’esplicito riferimento al termine “retribuzione”, sembrerebbero esclusi dal divieto anche i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale, ma al riguardo sono attesi chiarimenti ministeriali.
Contributo per i servizi di baby-sitting e per i servizi all’infanzia (mess. INPS 30.3.2018 n. 1428)
Con il messaggio 30.4.2018 n. 1428, l’INPS detta le istruzioni per la presentazione delle domande per accedere al contributo per baby sitting e asili nido nell’anno in corso.
Grazie a tali benefici, le madri lavoratrici possono richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per il baby sitting o di un contributo per fare fronte ai costi degli asili nido, per un massimo di 6 mesi.
Il contributo spetta, nella misura massima di 600 euro mensili, per frazioni mensili intere (da riproporzionare in caso di rapporto di lavoro part-time), alle madri lavoratrici:
– dipendenti;
– iscritte alla Gestione separata;
– autonome o imprenditrici, per una durata massima pari a 3 mesi.
Le modalità di presentazione delle domande restano le medesime rispetto al passato.
L’INPS comunica che il contributo per la fruizione degli asili nido pubblici o privati accreditati viene erogato direttamente alla struttura scolastica, mentre il “voucher baby sitting”, che poteva essere attivato mediante l’acquisto dei voucher di lavoro accessorio, a partire dal 1.1.2018, verrà erogato mediante la modalità del “Libretto Famiglia”.
Il termine generale per la presentazione delle domande è fissato al 31.12. 2018, ma sussistono termini individuali modulati in base alla categoria in cui rientra la madre richiedente, come illustrato nel messaggio.
Servizi e politiche attive del lavoro – Indirizzi generali per il triennio 2018-2020
Con il DM 11.1.2018 n. 4, recentemente pubblicato sul sito dell’ANPAL, il Ministero del Lavoro ha definito le Linee di indirizzo 2018-2020 dell’azione in materia di politiche attive per implementare la riforma dei servizi per il lavoro introdotta con il DLgs. 150/2015.
Tra le finalità generali, si segnalano la piena implementazione del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro ex art. 13 del citato DLgs. 150/2015, l’erogazione di misure di politica attiva che riducano la durata media della disoccupazione, l’elaborazione di standard formativi al fine di rilevare l’aumento del numero di posti di lavoro intermediati dai servizi per l’impiego, nonché il rafforzamento degli strumenti finalizzati all’incremento dell’occupazione giovanile.
Inoltre, vengono indicati i tempi di convocazione dei lavoratori disoccupati presso i centri per l’impiego nelle ipotesi che riguardano la stipula del patto di servizio personalizzato nonché la presentazione della domanda di NASpI.
Infine, in allegato al citato decreto sono altresì riportati, in apposite tabelle, i livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale, nonché gli indicatori degli obiettivi annuali previsti per l’anno 2018.
Licenziamento per giusta causa – Svolgimento di attività extralavorativa durante l’assenza dal lavoro per malattia – Legittimità (Cass. 13.3.2018 n. 6047)
La Corte di Cassazione, con la sentenza 13.3.2018 n. 6047, ha ribadito il principio secondo cui l’attività extralavorativa posta in essere durante il periodo di assenza per malattia costituisce un illecito disciplinare non solo se da tale comportamento deriva un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa è solo messa in pericolo dalla condotta imprudente, con una valutazione di idoneità che deve essere svolta necessariamente ex ante, in riferimento al momento in cui il comportamento viene realizzato.
Il caso di specie riguardava un dipendente che, durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia a causa di un episodio di lombosciatalgia, si era esibito una sera suonando la fisarmonica con la propria band durante una festa di paese. La partecipazione all’evento, che era stato pubblicizzato sia da un giornale locale sia dallo stesso lavoratore sul proprio profilo Facebook, non aveva pregiudicato la guarigione, tenuto conto che il lavoratore era rientrato regolarmente al lavoro al termine del periodo di malattia.
La Suprema Corte, ritenendo che nella lettera di contestazione fosse imputato al lavoratore solo il mancato rispetto dei suoi obblighi contrattuali e non anche l’insussistenza dello stato di malattia, cassa la decisione della Corte d’Appello – che aveva deciso la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro per insussistenza del fatto contestato – e rinvia la decisione alla Corte d’Appello perché valuti se il comportamento del lavoratore sia stato imprudente e contrario ai doveri di correttezza e buona fede e agli obblighi specifici di diligenza e fedeltà.