La C.T. Reg. Milano 4310/33/2016 ha affermato che non sono di per se sufficienti il costo del venduto e le percentuali di ricarico medie per contestare l’antieconomicità della gestione alla base della pretesa tributaria.
Nel caso di specie, l’Ufficio ha contestato la condotta antieconomica e la non congruità dei ricavi dichiarati nello studio di settore di un contribuente esercente l’attività di bar.
Tali pretese sono state rigettate in entrambi i gradi di giudizio.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno evidenziato che lo scostamento tra i ricavi degli studi di settore e i ricavi dichiarati non basta da solo a fondare la pretesa tributaria, ma costituisce una presunzione semplice da suffragare con altri elementi (nel caso di specie, riconducibili al costo del venduto e alle percentuali di ricarico).
Tale impostazione è conforme all’orientamento già espresso dall’Amministrazione finanziaria (circ. Agenzia delle Entrate 23.1.2008 n. 5 § 3).
Notifica della sentenza per via telematica – Decorrenza del termine breve (C.T. Reg. Ancona 26.8.2016 n. 534/6/16)
Sussistono contrasti in giurisprudenza relativamente alla validità delle notificazioni degli atti processuali avvenute in via telematica.
Infatti, l’attivazione del c.d. “processo tributario telematico” non è automatica, ma subordinata all’emanazione dei decreti attuativi dell’ormai abrogato art. 16 co. 1-bis del DLgs. 546/92, il cui contenuto è stato in sostanza trasfuso, ad opera del DLgs. 156/2015, nell’art. 16-bis del DLgs. 546/92.
Uno dei problemi maggiormente attuali riguarda la notificazione mediante PEC della sentenza, che, se ritenuta valida, comporterebbe la decorrenza del termine breve per l’impugnazione ex art. 51 del DLgs. 546/92.
In senso negativo si è espressa la Cassazione (Cass. 12.9.2016 n. 17941), a fronte di alcuna giurisprudenza di merito contraria (C.T. Reg. Ancona 26.8.2016 n. 534/6/16).
Irap – Autonoma organizzazione – Studi associati – Assoggettamento ad imposta – Condizioni – Principio espresso da Cass. SS.UU. 7371/2016 – Applicazione retroattiva (risposta a interrogazione parlamentare 5-09636)
Con la risposta all’interrogazione parlamentare 6.10.2016 n. 5-09636, il vice-ministro all’Economia, Casero, ha affermato che il principio espresso dalla sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. 14.4.2016 n. 7371 si applica anche ai periodi d’imposta anteriori a quello della pronuncia (e, quindi, anche all’anno 2015 e ai precedenti).
Si ricorda che, con tale sentenza, è stato affermato che le associazioni professionali e gli studi associati sono sempre soggetti ad IRAP, indipendentemente dalla struttura organizzativa della quale si avvalgono per l’esercizio dell’attività. Infatti, in base al secondo periodo dell’art. 2 del DLgs. 446/97, “l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”, dovendosi, quindi, prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione.
Atteso che l’art. 3 co. 1 lett. c) dello stesso DLgs. 446/97 contempla, tra i soggetti passivi d’imposta, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate (in buona sostanza, le associazioni professionali e gli studi associati), ne deriva il relativo assoggettamento ad IRAP.
Secondo il Ministero dell’Economia, la debenza del tributo da parte degli studi associati e delle associazioni professionali era priva di incertezze anche per il passato. Tale affermazione appare discutibile, considerando che la questione dalla quale è derivata la citata sentenza 7371/2016 era stata sottoposta alle Sezioni Unite proprio in considerazione del contrasto giurisprudenziale creatosi sul punto.
Ricerche eseguite dal messo – Valenza delle risultanze anagrafiche (Cass. 9.9.2016 n. 17807)
Ad avviso di Cass. 9.9.2016 n. 17807, l’attestazione consistente nell’aver svolto le ricerche, presupposto per la legittimità della notifica nei confronti degli irreperibili assoluti (art. 60 co. 1 lett. e) del DPR 600/73), non può essere confutata mediante la sola esibizione delle certificazioni anagrafiche ed elettorali, da dove emerge che il destinatario risiedeva in uno specifico luogo, presso il quale risultava invece trasferito.
La Cassazione ribadisce, in conformità con l’orientamento pregresso, che:
– per la legittimità della notifica, è necessario che, dalle informazioni reperite dall’agente notificatore sul luogo dove va eseguita la notifica, il destinatario risulti trasferitosi in luogo sconosciuto;
– la legge non prescrive che l’agente notificatore debba evidenziare quali ricerche abbia eseguito per appurare l’irreperibilità, per cui l’affermazione di averle effettuate è sufficiente e contestabile solo mediante querela di falso.
Immobili inagibili o inabitabili – Riduzione dell’imposta al 50% – Spettanza dell’agevolazione anche in assenza della dichiarazione ICI (Cass. 21.9.2016 n. 18453)
Con le sentenze n. 18453/2016 e n. 18455/2016 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati (art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992) la riduzione dell’ICI pari al 50% spetta anche in assenza della presentazione della dichiarazione o denuncia (considerata fonte di elementi informativi e non costitutivi del diritto ai benefici fiscali), sempre che il Comune sia a conoscenza delle condizioni che fanno scattare il diritto al medesimo beneficio.
Per il principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (art. 10 co. 1 della L. 212/2000), al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (art. 6 co. 4 della L. 212/2000).
Pertanto, il contribuente ha diritto alla riduzione del 50% dell’ICI anche se non ha presentato la dichiarazione di inagibilità o inabilità di un fabbricato, a condizione che:
– il comune sia a conoscenza dello stato dell’immobile;
– il contribuente non utilizzi l’immobile.
Immobili dei coniugi in Comuni diversi – Spettanza delle agevolazioni IMU e TASI previste per l’abitazione principale (C.T.Prov. Brescia 605/2/2016)
La C.T. Prov. Brescia 605/2/16 ha deciso che l’esenzione da IMU e dalla TASI per l’abitazione principale si applica anche a due immobili posseduti dai coniugi, purché si trovino in Comuni diversi e, oltre alla residenza anagrafica, in ciascuno corrisponda anche il dato sostanziale della abitualità della dimora.
A riguardo, è irrilevante il fatto che la legge consideri quale abitazione principale l’immobile in cui vivono “il possessore e il suo nucleo familiare”.
Il trattamento di favore previsto per IMU e TASI si applica ad un solo immobile, invece, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito dimora e residenza in abitazioni diverse, ma che sono situate nel territorio dello stesso Comune.
Analoga interpretazione è stata fornita dal Min. dell’Economia e delle Finanze nella circ. 18.5.2012 n. 3/DF.
Beni ricevuti in comodato – Spese di ristrutturazione – Deducibilità (Cass. 30.8.2016 n. 17421)
La Cass. 30.8.2016 n. 17421 ha stabilito che, così come già deciso in ambito IVA con la pronuncia 6200/2015, anche in relazione alle imposte sul reddito deve ritenersi che il contribuente comodatario di un immobile presso cui svolge l’attività d’impresa abbia il diritto di dedurre le relative spese di ristrutturazione, ancorché l’immobile sia di proprietà di terzi (il comodante). Deve, comunque, ritenersi irrilevante, per la deducibilità di tali spese, la relativa disciplina civilistica, nonché gli eventuali accordi tra le parti.
In tema di deducibilità delle spese di manutenzione straordinaria su beni immobili condotti in comodato o locazione, i giudici di legittimità non hanno ancora maturato una posizione univoca, sebbene gli ultimi pronunciamenti, compreso quello in oggetto, sembrino indirizzarsi a favore del contribuente.
Svolgimento a tempo pieno di attività di lavoro dipendente e apertura della partita IVA – Illegittimità della rettifica per mancato adeguamento agli studi di settore (Cass. 21.9.2016 n. 18447)
La Cassazione, con la sentenza 21.9.2016 n. 18447, ha ribadito l’illegittimità dell’accertamento basato sugli studi di settore nei confronti di un artigiano che svolgeva l’attività in via del tutto marginale rispetto all’impiego come lavoratore dipendente a tempo pieno. Nel caso specifico, pur non avendo fornito la prova scritta circa la tipologia contrattuale, era verosimile ritenere, sulla base dell’ammontare di reddito percepito, che il lavoro subordinato fosse a tempo pieno. Conseguentemente, l’attività autonoma poteva essere svolta soltanto marginalmente, con redditi prodotti esigui.
Tale ricostruzione non è incisa dalla nomina del responsabile tecnico per la certificazione degli impianti da parte dell’artigiano (elettricista) posto che tale circostanza non è significativa di un’attività svolta secondo i parametri di normalità degli studi di settore, rappresentando piuttosto l’adempimento di un obbligo di legge.
Omessa dichiarazione – Riporto a nuovo del credito – Legittimità (Cass. SS.UU. 8.9.2016 n. 17757)Omessa dichiarazione – Riporto a nuovo del credito – Legittimità (Cass. SS.UU. 8.9.2016 n. 17757)
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza 8.9.2016 n. 17757, ha affermato la spettanza del credito IVA, mediante esercizio del diritto alla detrazione, anche nel caso di omessa dichiarazione.
Se il disconoscimento del credito IVA viene rilevato mediante controllo automatizzato, il contribuente può fornire la prova della spettanza del credito durante l’invito al contraddittorio. Se le ragioni del contribuente non sono riconosciute nel corso del contraddittorio, è necessario impugnare l’atto di contestazione entro 60 giorni dalla notifica.
Nel ricorso, il contribuente dovrà documentare la correttezza del credito utilizzato al fine di fornire al giudice gli elementi che consentano di far emergere i requisiti sostanziali della spettanza del credito in assenza della sua esposizione nella dichiarazione annuale.
Secondo quanti affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17757/2016, difatti, il credito IVA derivante dalla dichiarazione omessa deve essere utilizzato entro i termini di legge (ossia entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto); in tale situazione, il credito deve essere riconosciuto nella misura in cui il contribuente dimostri i requisiti sostanziali che ne legittimano la sussistenza. Tale prova può essere fornita anche mediante la mera produzione in giudizio delle fatture attive e passive.
Emendabilità della dichiarazione – Dichiarazione integrativa a favore del contribuente – Termine di presentazione (Cass. SS.UU. 30.6.2016 n. 13378)
Cass. SS.UU. 30.6.2016 n. 13378 ha sancito che la dichiarazione integrativa a favore del contribuente è ammessa, ai sensi dell’art. 2 co. 8-bis del DPR 322/98, solo entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, potendo tra l’altro compensare ex art. 17 del DLgs. 241/97 il credito che ne deriva.
Spirato il menzionato termine, per recuperare eventuali imposte pagate in eccesso, rimane l’ordinaria domanda di rimborso, da presentare nei termini dell’art. 38 del DPR 602/73 (48 mesi dal pagamento indebito).
Pertanto, ove il contribuente, ad esempio, avesse omesso di inserire nel modello UNICO 2015 (relativo all’anno 2014) alcune detrazioni o deduzioni d’imposta, può, entro il termine per la trasmissione del modello UNICO 2016 (relativo all’anno 2015) quindi entro il 30.9.2016, presentare un modello UNICO 2015 integrativo, compensando il credito nel modello F24 senza la necessità di pagare sanzioni e/o interessi.