Il Tribunale di Piacenza, nella sentenza 14.3.2016, ha stabilito che:
– la cessione dell’azienda di una srl che costituisce l’attività esclusiva della società su iniziativa autonoma dell’amministratore unico determina, indipendentemente da un indagine sull’elemento soggettivo del cessionario, una sostanziale modifica dell’oggetto sociale che può conseguire esclusivamente ad una delibera autorizzativa dell’assemblea dei soci ex art. 2479 co. 2 n. 5 c.c. (potendo, in caso contrario, essere suscettibile di annullamento);
– tale disposizione integra un limite legale inderogabile ai poteri di rappresentanza generale degli amministratori di srl, con conseguente carenza di competenza funzionale dei medesimi che abbiano operato in violazione di esso;
– essa, inoltre, ha un ambito di operatività e una “ratio” del tutto distinta dalle differenti ipotesi di abuso di rappresentanza per eccesso di potere ipotizzabili con riferimento all’art. 2475-bis c.c., dato che la violazione dei limiti legali inderogabili al potere di rappresentanza dell’amministratore presuppone che l’atto dispositivo determini conseguenze permanenti non circoscritte ad una singola operazione, incidendo sulla destinazione stessa del capitale di rischio della società;
– ai fini di un giudizio di abuso dei poteri di rappresentanza, la condotta dell’amministratore che abbia travalicato i poteri gestori a lui conferiti deve essere verificata secondo un criterio comparativo di strumentalità, diretta o indiretta, dell’atto rispetto all’oggetto sociale da realizzare. Nell’ipotesi di violazione della previsione di cui all’art. 2479 co. 2 n. 5 c.c., invece, occorre verificare, in concreto, se l’operazione non autorizzata abbia modificato il capitale di rischio investito nell’attività sociale che ne venga snaturata e svuotata.
Enti sportivi dilettantistici – Somme corrisposte per spese di pubblicità – Deducibilità integrale nell’esercizio (Cass. 23.3.2016 n. 5720)
Ai sensi dell’art. 90 co. 8 della L. 289/2002, il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, di importo annuo non superiore a 200.000,00 euro, costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti di quest’ultimo mediante una specifica attività del beneficiario.
Per beneficiare della deducibilità di tale erogazione, occorre rispettare le seguenti condizioni:
– i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
– a fronte dell’erogazione delle somme deve essere riscontrata una specifica attività dell’associazione beneficiaria.
Sul tema, si segnala anche l’orientamento della sentenza Cass. 23.3.2016 n. 5720, per la quale sono deducibili le somme erogate ad un ente sportivo dilettantistico se questo espone il marchio dell’impresa sulle proprie divise in occasione di eventi.
Occorre quindi dimostrare l’effettività dell’operazione svolta, dando piena prova circa la promozione dell’immagine e l’effettuazione di specifiche attività da parte dell’ente sportivo. In questo senso, per l’impresa sponsorizzante diventa fondamentale:
– verificare l’iscrizione al Coni del sodalizio sportivo;
– procedere alla redazione di un contratto a prestazioni corrispettive nel quale definire come si manifesterà la pubblicità e gli obblighi a cui sarà tenuto chi organizza gli eventi.
Interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione – Deducibilità (C.T. Prov. Milano 14.3.2016 n. 2448/8/16)
Ad avviso della C. T. Prov. Milano 14.3.2016 n. 2448/8/16, la deducibilità integrale degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione è ammessa laddove il rapporto contrattuale sia riconducibile alla nozione legislativa di contratto di locazione (artt. 1571 ss. c.c.) e le eventuali prestazioni accessorie svolte dal locatore non siano tali da snaturare l’oggetto o la causa contrattuale.
Spese di manutenzione straordinaria – Criteri di deducibilità (Cass. 20.4.2016 n. 7885)
La Cass. 20.4.2016 n. 7885 ha stabilito che l’art. 102 co. 6 del TUIR (ai sensi del quale le spese di manutenzione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni cui si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili, mentre l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi) “consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati”.
La pronuncia sembrerebbe, quindi, attribuire al contribuente, con un orientamento innovativo, la facoltà di scegliere il trattamento fiscale applicabile nella specie.
A tal riguardo, autorevole dottrina ha evidenziato che l’art. 102 co. 6 del TUIR non richiede, ai fini fiscali, l’individuazione della natura delle spese in esame, diversamente da quanto occorre effettuare sotto il profilo civilistico (OIC 16).
Peraltro, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che, con riferimento alle spese di manutenzione capitalizzate, non trova applicazione l’art. 102 co. 6 del TUIR. Qualora, infatti, le spese in esame siano imputate contabilmente (secondo corretti principi contabili) ad aumento del costo del bene cui si riferiscono, gli ammortamenti “vanno computati”, anche ai fini fiscali, sull’intero valore così incrementato (C.M. 98/2000, circ. Agenzia delle Entrate 10/2005 e 27/2005).
Medico odontoiatra – Incassi derivanti da anni pregressi – Rateazione della parcella accordata al cliente (C.T. Reg. Potenza 2.3.2016 n. 85/2/16)
C.T. Reg. Potenza 2.3.2016 n. 85/2/16 ha stabilito che, se la contabilità è tenuta in forma semplificata, c’è una fisiologica promiscuità tra entrate e spese personali, quindi è “a distanza di tempo, difficile, se non impossibile, fornire adeguata documentazione di tutti i versamenti e prelievi”.
Nel caso di specie, riguardante un odontoiatra, è corretta la diminuzione della pretesa fondata sui versamenti bancari in apparenza non giustificati quando sia dimostrato che la contribuente collaborava, negli anni antecedenti a quello oggetto di accertamento, con il padre. E’ verosimile, poi, affermare che, per fidelizzare i clienti, siano stati accordati pagamenti dilazionati negli anni.
Contribuente non soggetto all’obbligo dichiarativo – Termine applicabile (C.T. Reg. Milano 22.3.2016 n. 1648/28/16)
L’avviso di accertamento, in caso di contribuente esonerato dalla trasmissione della dichiarazione dei redditi, va notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione, nelle situazioni ordinarie, avrebbe dovuto essere presentata (C.T. Reg. Milano 22.3.2016 n. 1648/28/16).
Considerato che non c’è obbligo dichiarativo, non può essere applicato il maggior termine quinquennale, relativo alle fattispecie di dichiarazione omessa.
Si evidenzia che la L. 208/2015, a decorrere dal 2016 (dichiarazioni presentate nel 2017) ha modificato i termini per l’accertamento, elevandoli a cinque anni per la dichiarazione inviata e a sette per quella omessa.
Plusvalenze immobiliari – Determinazione della plusvalenza – Giudicato di annullamento relativo al registro (Cass. 18.4.2016 n. 7651)
Cass. 18.4.2016 n. 7651 ha affermato che, quando l’accertamento relativo alle imposte dirette si fonda, in via presuntiva, su quello eseguito ai fini del registro, il giudicato di annullamento del secondo, in breve, ha effetti sul primo.
Tecnicamente, non si può parlare di effetto del giudicato ai sensi dell’art. 2909 c.c. (che presuppone l’identità soggettiva tra le parti), però, come detto dalla Cassazione, in tal modo la presunzione viene ritenuta infondata, quindi difetta il fatto noto.
Nonostante la presunzione, ai fini della plusvalenza sulle dirette, del maggior valore accertato in merito al registro sia stata abrogata dall’art. 5 co. 3 del DLgs. 147/2015, il principio acquista rilevanza ogniqualvolta l’accertamento sulle dirette sia basato, in via presuntiva, su quello notificato per l’imposta di registro.
Redditometro – Incremento della spesa patrimoniale – Imputazione per quinti della spesa – Illegittimità della considerazione di spese avvenute in anni successivi (Cass. 12.4.2016 n. 7147)
Cass. 12.4.2016 n. 7147 ha ritenuto non corretta la prassi degli uffici finanziari consistente nel considerare, ai fini dell’accertamento sintetico, il quinto di spese patrimoniali sostenute in anni successivi a quello accertato.
Prima del DL 78/2010, la spesa patrimoniale si presumeva conseguita, per quote costanti, con redditi prodotti nell’anno della sua effettuazione e nei quattro antecedenti.
I giudici affermano, quindi, che, per applicare la presunzione illustrata, occorre accertare l’anno in cui è stata sostenuta la spesa imputando il quinto a ritroso.
Viene così confermata la visione di alcuna giurisprudenza di merito (C.T. Reg. Roma 22.6.2011 n. 456/1/11, C.T. Prov. Novara 7.2.2012 n. 12/6/12 e C.T. Prov. Bergamo 10.6.2013 n. 115/2/13).
Avviso di accertamento – Imminenza del termine di decadenza (Cass. 15.4.2016 n.7598)
Con ordinanza del 15.4.2016 n. 7598, la Cassazione ha statuito che:
– è illegittimo l’accertamento emesso prima dei 60 giorni dalla consegna del verbale di constatazione (art. 12 co. 7 della L. 212/2000);
– non è motivo di urgenza l’imminenza del termine di decadenza, anche se determinato da un tardivo invio del pvc da parte della Guarda di finanza.
In particolare, secondo i giudici:
– il termine dei 60 giorni è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente (Cass. SS.UU. 18184/2013);
– l’imminente decadenza del potere di accertamento non è di per sé sufficiente a derogare ai 60 giorni, in quanto occorre la prova che la decadenza non sia dipesa da negligenza o inefficienza dell’amministrazione (ipotesi che potrebbe ravvisarsi in fatti emersi nel corso delle indagini o in procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, in eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla programmazione dell’attività degli uffici, o su condotte dolose e dilatorie del contribuente).
Autonoma organizzazione – Società semplici – Assoggettamento ad IRAP – Condizioni (Cass. SS.UU. 14.4.2016 n. 7371)
Con la sentenza 14.4.2016 n. 7371, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate riguardo all’ordinanza interlocutoria 3870/2015, con la quale si chiedeva di valutare se vadano sempre assoggettate ad IRAP le attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, e in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti insussistente l’autonoma organizzazione dei fattori produttivi.
In conformità alla sentenza 7291/2016, i giudici di legittimità hanno ribadito che, a norma dell’art. 2 del DLgs. 446/97, “l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”, dovendosi, quindi, prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione. Atteso che l’art. 3 co. 1 lett. c) dello stesso DLgs. 446/97 contempla, tra i soggetti passivi d’imposta, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate (in buona sostanza, le associazioni professionali e gli studi associati), ne deriva il relativo assoggettamento ad IRAP.