Studi associati e medici di gruppo – Assoggettamento ad IRAP – Condizioni (Cass. SS.UU. 13.4.2016 n. 7291)

Con la sentenza 13.4.2016 n. 7291, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che le associazioni professionali e gli studi associati sono sempre soggetti ad IRAP, indipendentemente dalla struttura organizzativa della quale si avvalgono per l’esercizio dell’attività.
Infatti, in base al secondo periodo dell’art. 2 del DLgs. 446/97, “l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”, dovendosi, quindi, prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione.
Atteso che, ai sensi dell’art. 3 co. 1 lett. c) dello stesso DLgs. 446/97 sono soggetti passivi d’imposta, tra l’altro, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate (in buona sostanza, le associazioni professionali e gli studi associati), ne deriva il relativo assoggettamento ad IRAP (in senso contrario, in passato, tra le altre, Cass. 4663/2014).
Inoltre, i giudici di legittimità hanno escluso che la “forma associativa” della medicina di gruppo (ex DPR 270/2000) possa configurare i tratti dell’associazione tra professionisti e risultare così soggetta ad IRAP ex lege. Pertanto, in tale ipotesi, l’assoggettamento ad IRAP va verificato secondo i consueti criteri.

Notifica avvenuta tramite corriere privato – Successivo affidamento del plico alle Poste italiane (Cass. 12.4.2016 n. 7156)

Cass. 12.4.2016 n. 7156 ha ribadito che, in linea di principio, la notifica degli atti impositivi, se effettuata tramite il servizio postale, deve avvenire avvalendosi di Poste italiane SPA, e non di corrieri privati.
Però, la notifica, nella specie della cartella di pagamento, è valida quando Equitalia ha affidato il servizio di notifica ad un corriere privato e questi, in un secondo momento, si sia avvalso del servizio postale.
Si evidenzia che la Cassazione è giunta alle medesime conclusioni per la notifica dell’appello (Cass. 21.7.2015 n. 15347).

Somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli ricreativi – Assoggettamento ad IVA – Condizioni (Cass. 16.3.2016 n. 5154)

Secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 16.3.2016 n. 5154, deve ritenersi valido anche ai fini del presupposto soggettivo dell’IVA il disposto dell’art. 148 co. 5 del TUIR in virtù del quale non ha carattere commerciale la somministrazione di alimenti e bevande effettuata dalle associazioni di promozione sociale, presso bar ed esercizi similari, nelle sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, purché l’attività di somministrazione di pasti risulti strettamente complementare alle attività svolte ai fini istituzionali.
Per individuare la natura tributaria di circoli e associazioni non è sufficiente considerare l’assenza di scopi di lucro, ma occorre un’indagine sull’attività svolta in concreto, nella considerazione che sono estranee all’attività commerciale dell’ente le sole prestazioni che realizzano le attività istituzionali senza alcuna specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.

Obbligo generalizzato – Indagini “a tavolino” – Esclusione dell’obbligo (Cass. 12.4.2016 n. 7137)

La Cassazione, con ordinanza n. 7137 del 12.4.2016, ha statuito che il diritto al contraddittorio si applica solo alle verifiche presso la sede del contribuente e non agli accertamenti “a tavolino”.
In particolare, secondo i giudici:
– il termine di 60 giorni, previsto all’art. 12 co. 7 L. 212/2000, è posto a garanzia del diritto al contraddittorio (nel caso di specie, il contribuente, sottoposto a controllo a tavolino, aveva impugnato l’avviso di accertamento, lamentando che fosse stato emesso in violazione del diritto al contraddittorio previsto da tale norma);
– tale garanzia trova applicazione solo in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente;
– è escluso, nel nostro ordinamento, un principio generale per il quale l’Amministrazione, anche in assenza di specifica disposizione, sia tenuta ad attivare, pena la nullità dell’atto, il contraddittorio.

Studi di settore – Società operanti nei settori delle nuove tecnologie (C.T. Reg. Genova 3.2.2016 n. 167)

La C.T. Reg. Genova, con la sentenza 3.2.2016 n. 167, ha affermato che gli studi di settore possono trovare applicazione rispetto a realtà imprenditoriali che operano in settori maturi. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto non rappresentativi i risultati presuntivi relativi ad una società che:
– operava nel campo della ricerca e importazione di nuove tecnologie;
– si trovava al secondo anno di attività;
– doveva far fronte alla crisi generale del mercato nazionale ed internazionale.
Inoltre, è stata esclusa la condotta antieconomica rappresentata, a giudizio dell’ufficio, dal sostenimento di ingenti costi che – sulla base dei dati contabili – si riferivano a “costi di ricerca e sviluppo” iscritti nell’attivo patrimoniale sotto la voce immobilizzazioni immateriali, e non nel Conto economico come costi di competenza dell’esercizio.

Detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto di fabbricati abitativi – Limiti (Cass. 8.4.2016 n. 6883)

Con la sentenza n. 6883 dell’8.4.2016, la Corte di Cassazione ha affermato che per gli acquisti di fabbricati accatastati come abitativi la detrazione dell’IVA è preclusa ai sensi dell’art. 19-bis1 co. 1 lett. i) del DPR 633/72 salvo che l’operazione non rientri nell’oggetto esclusivo o principale dell’attività. In caso contrario, l’acquirente non solo ne dovrà dimostrare l’inerenza e la strumentalità all’attività d’impresa in base a elementi oggettivi, ma dovrà anche provare che il bene non rientra più nella categoria di beni a destinazione abitativa.
Conformemente a quanto stabilito nella sentenza 29.4.2015 n. 8628, con la quale la Corte di Cassazione aveva ritenuto che la natura strumentale del bene potesse essere verificata anche in assenza di variazione della categoria catastale, viene adottato un criterio sostanzialistico, per cui l’effettiva strumentalità deve essere valutata in considerazione dell’attività esercitata.

Concordato preventivo – Pagamento parziale dei crediti IVA – Ammissibilità – Condizioni (Corte di giustizia 7.4.2016 n. C-546/14)

La Corte di Giustizia, nella sentenza n. C-546/14, ha stabilito che l’imprenditore in stato di insolvenza, per estinguere le proprie passività con la liquidazione del suo patrimonio, può presentare un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, con il quale viene proposto il pagamento solo in maniera parziale di un debito per IVA.
A tal fine, occorre l’accertamento di un esperto indipendente, attestante che il credito dell’Amministrazione finanziaria non riceverebbe una soddisfazione migliore nel caso del proprio fallimento.
Secondo la Corte di Giustizia, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio e la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione europea l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo che non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA.

Determinazione della plusvalenza – Valore accertato ai fini dell’imposta di registro – Efficacia ai fini delle imposte dirette – Novità del DL 147/2015 (Cass. 30.3.2016 n. 6135)

La Corte di Cassazione, nella sentenza 30.3.2016 n. 6135, evidenzia che la presunzione, finora affermata dalla giurisprudenza, circa la corrispondenza tra il corrispettivo incassato per il trasferimento immobiliare (rilevante ai fini della determinazione della plusvalenza nell’ambito delle imposte dirette) ed il valore venale in comune commercio dell’immobile ceduto, accertato ai fini dell’imposta di registro, non è più sostenibile alla stregua della nuova disposizione recata dall’art. 5 co. 3 del DLgs. 147/2015.
Quest’ultima norma, infatti, ha stabilito che gli articoli 58, 68, 85 e 86 del TUIR devono essere interpretati nel senso che, per le cessioni di immobili e di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, “l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro”, o delle imposte ipotecaria e catastale.
La citata norma – aggiunge la Corte – è applicabile retroattivamente, avendo natura interpretativa.
Non può, quindi, ritenersi corretta la sentenza che abbia giudicato legittimo un avviso di accertamento di maggior plusvalenza basato sul principio – ormai superato – secondo cui l’Amministrazione sarebbe legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di imposta di registro, spettando al contribuente l’onere di dimostrare di avere venduto ad un prezzo inferiore.

Notifica a mano al corretto destinatario ma in luogo diverso da quello previsto dalla legge – Nullità della notifica (C.T. Reg. Genova 4.2.2016 n. 182/1/16)

Con sentenza n. 182/1/16 del 4.2.2016, la C.T.Reg. Liguria ha statuito che la notifica di un avviso di accertamento effettuata nelle mani del destinatario ma in un luogo diverso da quello previsto dalla legge, senza indicarne il motivo, non è inesistente ma nulla.
In particolare, secondo i giudici la previsione contenuta all’art. 138 c.p.c. deve prevalere rispetto a quanto stabilito all’art. 60 del DPR 600/73, in base al quale la notificazione va fatta presso il domicilio fiscale del destinatario.
Inoltre, la presentazione del ricorso non può sanare la decadenza dall’esercizio del potere che si potrebbe essere verificata nel frattempo a carico dell’Amministrazione finanziaria.

Omessa dichiarazione annuale – Riconoscimento del credito IVA (C.T. Reg. Roma, sez. Latina, 19.2.2015)

Con la circ. 6.8.2012 n. 34, l’Agenzia delle Entrate aveva inizialmente sostenuto che, in presenza di una dichiarazione omessa, il credito IVA diventa “debito”, comportando il versamento dello stesso importo con sanzioni e interessi e la necessità di chiedere il rimborso. Successivamente, con circ. 21/2013, si è stabilito che, al ricevimento della comunicazione di irregolarità, il contribuente ha trenta giorni per attestare l’esistenza del credito, pur restando dovuti interessi e sanzioni sulla parte di credito da dichiarazione omessa indebitamente usata in compensazione.
Nonostante ciò, continuano le richieste di pagamento per crediti non riconosciuti, soprattutto quando le omissioni riguardano diverse annualità. Tuttavia, come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 18.1.2002 n. 523, la decadenza si verifica solo quando la detrazione non venga computata nel mese di competenza e non venga computata nella dichiarazione annuale, per cui la sanzione non può essere estesa alla fattispecie in cui la detrazione sia stata regolarmente operata nel mese di competenza, pur non risultando dalla dichiarazione annuale.
Si osserva che, a tal proposito, con la recente sentenza della C.T.Reg. di Roma, sez. Latina, del 19.2.2015, al contribuente viene riconosciuto il credito IVA, negato dall’Agenzia delle Entrate per omessa presentazione della dichiarazione.