Per valutare la sussistenza di una cessione d’azienda, occorre verificare che oggetto del trasferimento “sia un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività di impresa”, idoneo, di per sé, a consentire l’inizio o la continuazione di una determinata attività (Cass. 11.5.2016 n. 9575).
Se, da un lato, non è necessario che vengano ceduti tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, dall’altro nel complesso dei beni trasferiti deve permanere “un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa”, sia pure grazie alla successiva integrazione da parte del cessionario (Cass. n. 9575/2016, Cass. n. 21481/2009 e Cass. n. 1913/2007).
La Corte di giustizia Ue ha sottolineato come il trasferimento di azienda o di un suo ramo comporti il passaggio di una “università totale o parziale di beni” in grado di costituire “un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma” (Corte di Giustizia 27.11.2003 causa C-497/01). Perché possa sostanziarsi una cessione di azienda o di una sua parte è necessario che il complesso degli elementi trasferiti possa consentire “la prosecuzione di un’attività economica autonoma” (Corte di giustizia 10.11.2011 causa C-444/10). Occorre, quindi, che il cessionario sia intenzionato a gestire l’azienda trasferita, non limitandosi semplicemente a liquidare l’attività interessata o a vendere lo stock di prodotti rilevato (causa C-497/01).