Nel fornire, con la circolare 1.2.2016 n. 3, i primi chiarimenti interpretativi in ordine all’art. 2 del DLgs. 81/2015, il Ministero del Lavoro si sofferma, tra l’altro, sulle condizioni richieste dal co. 1 di tale norma al fine dell’applicazione a determinati rapporti di collaborazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
A tal fine – spiega la circolare – è necessario che detti rapporti si concretino in prestazioni di lavoro che presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche:
– esclusiva personalità, nel senso di essere svolte personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti;
– continuità, nel senso di ripetersi in un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità;
– “etero-organizzazione”, nel senso di comportare l’obbligo, per il collaboratore – operante all’interno di un’organizzazione datoriale – di rispettare determinati orari e svolgere l’attività in luoghi di lavoro individuati dal committente.
L’accertamento della contestuale presenza delle suddette condizioni comporta l’applicazione di “qualsivoglia istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i licenziamenti illegittimi, ecc.), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”, nonché l’irrogazione delle sanzioni per l’inadempimento degli obblighi in materia di collocamento (comunicazioni e dichiarazione di assunzione).
Pertanto, anche se il Ministero conferma che il legislatore non dispone la conversione del rapporto (da collaborazione a lavoro subordinato), limitandosi a prevedere l’estensione del sistema di regole del lavoro dipendente, sul piano pratico ciò determina “le medesime conseguenze legate ad una riqualificazione”.