Cass. SS.UU. 9.12.2015 n. 24823 ha stabilito che, nei tributi “non armonizzati”, l’ente impositore non ha alcun obbligo di instaurare il preventivo contraddittorio con il contribuente.
Detto obbligo sussiste solo ove espressamente previsto dalla legge, si pensi al caso dell’accertamento sintetico (art. 38 del DPR 600/73 post DL 78/2010), all’abuso del diritto (art. 10-bis della L. 212/2000), al disconoscimento dei costi black list (art. 110 del TUIR) e al controllo formale (art. 36-ter del DPR 600/73).
Rimane comunque fermo quanto sancito nella sentenza Cass. SS.UU. 29.7.2013 n. 18184, secondo cui è necessaria la formazione del “PVC” quando il controllo si è svolto presso i locali ove è esercitata l’attività del contribuente, in ossequio all’art. 12 co. 7 della L. 212/2000.
Per i tributi “armonizzati” come l’IVA, invece, il contraddittorio discende in via diretta dai principi comunitari, quindi è un diritto del contribuente.
Tuttavia, l’omessa convocazione del contribuente non causa, in automatico, la nullità dell’atto, ma, come sancito nella sentenza della Corte di Giustizia del 3.7.2014, solo ove questi dimostri che l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso. In altri termini, il contribuente deve addurre le ragioni che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio, “e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa”.