Contratto di locazione – Clausola penale – Tassazione autonoma – Orientamenti giurisprudenziali

L’applicazione dell’imposta di registro alla clausola che prevede, in caso di mancato o ritardato pagamento dei canoni, il pagamento di un importo a titolo di interessi moratori maggiorato rispetto a quello derivante dall’applicazione del tasso legale, è oggetto di decisioni contrastanti.
Per la giurisprudenza maggioritaria, una pattuizione come quella descritta configura una clausola penale, che produce effetti ulteriori rispetto a quelli derivanti dal contratto; di conseguenza, essa integra una disposizione autonomamente tassabile ai sensi dell’art. 21 del DPR 131/86 (C.T. Prov. Pavia n. 66/1/18 e C.T. Prov. Milano n. 618/1/2019).
Secondo questa interpretazione, il patto è soggetto alla disciplina prevista per gli atti sottoposti a condizione sospensiva (art. 27 del DPR 131/86): si applica il registro prima in misura fissa (pari a 200 euro) e poi, se l’inadempimento si verifica, in misura pari al 3% (ex art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86) al netto dell’imposta di 200 euro versata all’atto della registrazione.
Secondo un’altra tesi, le singole obbligazioni che trovano fonte nel contratto non costituiscono atto autonomo e, di conseguenza, non sono tassabili autonomamente. Un patto che prevede un interesse di mora pari al tasso legale maggiorato di due punti, infatti, non costituirebbe una penale in senso tecnico-giuridico, ma deriverebbe direttamente dall’obbligazione di pagamento del canone (C.T. Prov. Milano n. 894/10/19).

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