La Corte di Cassazione, con la sentenza 30.11.2016 n. 24400, ha deciso che anche la parte venditrice è solidalmente responsabile della maggiore imposta dovuta per il caso del mancato conseguimento dell’agevolazione “prima casa” richiesta dall’acquirente di un’abitazione, ma negata dal Fisco per ragioni non imputabili alla parte acquirente.
Nella fattispecie considerata è stato ceduto un appartamento che l’Amministrazione ha giudicato avere caratteristiche “di lusso”, revocando pertanto il beneficio fiscale di cui il contribuente si era avvalso in sede di registrazione del contratto di compravendita.
Nonostante la normativa sulle caratteristiche “di lusso” delle abitazioni non sia più attualmente vigente, il caso oggetto di analisi è comunque interessante perché oggi l’agevolazione “prima casa” può essere domandata solo per abitazioni classificate in Catasto in categorie diverse dalle categorie A/1, A/8 e A/9.
Nella maggior parte dei casi si decade dall’agevolazione “prima casa” per motivi imputabili all’acquirente: ad esempio, perché ha dichiarato, difformemente dal vero, di risiedere o di lavorare nel Comune in cui è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; oppure perché non ha rispettato l’impegno di trasferire la sua residenza in detto Comune entro 18 mesi dal rogito; oppure perché già è proprietario di un’altra casa nel medesimo Comune; oppure perché è proprietario, in qualsiasi parte del territorio nazionale, di altra abitazione per il cui acquisto ha già richiesto l’agevolazione (e non la aliena entro un anno dal nuovo acquisto).
Secondo la Cassazione, tuttavia, la decadenza dall’agevolazione “prima casa” può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente; in questi casi anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità in caso di mancata concessione dell’agevolazione