La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5592 del 22.3.2016, ha sovvertito l’interpretazione sino ad oggi prevalente in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (che poneva in capo al datore di lavoro l’onere di provare di aver assolto all’obbligo di repechage e un diverso onere a carico del lavoratore di dedurre l’esistenza di posti di lavoro alternativi) e ha affermato che incombe sul solo datore dimostrare l’impossibilità di ricollocare il dipendente in altre posizioni all’interno dell’organizzazione, senza che sia necessaria la preventiva allegazione da parte del lavoratore circa l’esistenza di mansioni alternative presso cui essere adibito.
Secondo la nuova impostazione dei giudici di legittimità, l’art. 5 della L. 604/1966 in materia di licenziamenti individuali pone chiaramente a carico del datore di lavoro l’onere della prova della sussistenza del giustificato motivo di licenziamento nel quale rientra, quale elemento costitutivo, la verifica sul repechage del lavoratore in una diversa posizione aziendale.
Nel ricorso proposto dal lavoratore avverso il licenziamento, pertanto, è adesso sufficiente che quest’ultimo:
– ne contesti l’illegittimità;
– affermi l’inesistenza delle ragioni aziendali addotte, nonchè la violazione dell’obbligo di repechage (senza più alcun onere di