La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro esamina la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 7-quinquies del DL 193/2016 (conv. L. 225/2016), che definisce, con effetto retroattivo, il perimetro applicativo del regime previsto dall’art. 51 co. 6 del TUIR per i c.d. “trasfertisti”.
Inserendosi in un contesto caratterizzato da un ampio contenzioso, rispetto all’orientamento giurisprudenziale prevalente, detta norma si caratterizza, in particolare, per la previsione della necessaria coesistenza, ai fini dell’applicabilità del suddetto regime, di 3 requisiti:
– nel contratto o nella lettera di assunzione non deve essere indicata la sede di lavoro;
– l’attività lavorativa deve richiedere la continua mobilità del dipendente;
– la maggiorazione riconosciuta al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività in luoghi sempre variabili e diversi, deve essere in misura fissa, ossia necessariamente attribuita, a differenza del passato (quando si ammetteva una modalità libera, fissa o variabile, di corresponsione della maggiorazione), a prescindere dal fatto che il dipendente si sia effettivamente recato in trasferta e dal luogo in cui la stessa si sia svolta.
In mancanza di uno solo di tali requisiti – afferma la disposizione – è riconosciuto il trattamento previsto dal co. 5 dell’art. 51 del TUIR per la trasferta. Secondo la Fondazione Studi, a tal fine, è, tuttavia, necessario che la prestazione sia svolta almeno fuori dal territorio comunale.