La Corte di Cassazione, con la sentenza 13.3.2018 n. 6047, ha ribadito il principio secondo cui l’attività extralavorativa posta in essere durante il periodo di assenza per malattia costituisce un illecito disciplinare non solo se da tale comportamento deriva un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa è solo messa in pericolo dalla condotta imprudente, con una valutazione di idoneità che deve essere svolta necessariamente ex ante, in riferimento al momento in cui il comportamento viene realizzato.
Il caso di specie riguardava un dipendente che, durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia a causa di un episodio di lombosciatalgia, si era esibito una sera suonando la fisarmonica con la propria band durante una festa di paese. La partecipazione all’evento, che era stato pubblicizzato sia da un giornale locale sia dallo stesso lavoratore sul proprio profilo Facebook, non aveva pregiudicato la guarigione, tenuto conto che il lavoratore era rientrato regolarmente al lavoro al termine del periodo di malattia.
La Suprema Corte, ritenendo che nella lettera di contestazione fosse imputato al lavoratore solo il mancato rispetto dei suoi obblighi contrattuali e non anche l’insussistenza dello stato di malattia, cassa la decisione della Corte d’Appello – che aveva deciso la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro per insussistenza del fatto contestato – e rinvia la decisione alla Corte d’Appello perché valuti se il comportamento del lavoratore sia stato imprudente e contrario ai doveri di correttezza e buona fede e agli obblighi specifici di diligenza e fedeltà.