Con un apposito emendamento al Ddl. di stabilità 2016, il Governo intende:
– sopprimere in toto la disciplina dei costi derivanti da operazioni con imprese localizzate in Stati o territori a fiscalità privilegiata (art. 110 co. 10 e seguenti del TUIR);
– modificare la normativa CFC (art. 167 del TUIR), limitandola alle controllate la cui tassazione nominale nello Stato estero è inferiore del 50% a quella italiana.
La nuova disciplina dei costi “blacklist”
Il decreto sulla internazionalizzazione delle imprese ha apportato delle significative modifiche alla disciplina dei costi “blacklist” ovvero di quei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti in paesi a fiscalità privilegiata. Prima delle modifica normativa vigeva una presunzione legale a carico dell’impresa italiana che doveva provare, alternativamente, che l’impresa estera svolgeva un’effettiva attività commerciale oppure che l’operazione posta in essere rispondeva ad un effettivo interesse economico. La novità legislativa viene accolta favorevolmente dalle imprese in quanto si passa da una presunzione legale di indeducibilità del costo ad una sua “automatica” deduzione, purché nei limiti del “valore normale” e purché relativo ad operazioni realmente intercorse. Per ciò che concerne il concetto di “valore normale” occorre rifarsi all’articolo 9 del Tuir e quindi dovrebbero potersi applicare, per analogia, le regole in materia di transfer pricing. Nel caso in cui vi sia un costo che eccede il “valore normale” per la sua deduzione resta ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare che l’operazione intercorsa risponda ad un effettivo interesse economico e che sia realmente avvenuta.